[Le premesse (prima e seconda, non filosofica) sono lì a far passare il tempo. Il resto si espone compostamente.]
sabato 22 dicembre 2012
Notturno (triste)
martedì 27 novembre 2012
venerdì 16 novembre 2012
mercoledì 7 novembre 2012
Sulle decisioni strategiche.
martedì 30 ottobre 2012
lunedì 10 settembre 2012
venerdì 24 agosto 2012
Trento by night
Trento, Piazzetta Lainez, 23.45.
Toc toc toc toc toc. Din, ding, sbang. Cinque, sei, forse sette ragazzotti magri che corrono come pazzi. Buttano qualche passo sul muretto, pare possano abbattere i tavolini; qualcuno si alza e si scosta. Devono averla fatta grossa, perché sono inseguiti da tre poliziotti. I primi due hanno la pistola in mano. Corrono, ma faticano e perdono il passo. Il terzo è più lento ancora, arranca. Ricorda uno stanco T.J. Hooker. Arrivato all’altezza dei tavolini, gli cade in terra la pistola. Tutti si voltano e guardano il ferro a terra, mentre lui se ne accorge solo dopo qualche metro: nel frattempo, un ragazzo si alza da un tavolino e avvolge col suo corpo la pistola. La vuole proteggere, con un gesto istintivo. Il poliziotto si rende conto di avere perso la pistola, torna indietro, spinge via il ragazzo, solleva l’arma, riprende l’estenuante corsa. Ancora qualche metro, è proprio davanti a me, e gli cade ancora qualcosa. Un pezzo metallico, scuro, che precipita con fragore. È il caricatore. Lui è già avanti, di nuovo, ed un secondo ragazzo raccoglie quel pezzo di ferro e glielo porge. Torna indietro, una seconda volta; è affannato, non emette suono, prende il metallo e va. Gli altri — sia i buoni che i cattivi — sono spariti oltre l'orizzonte di via Belenzani. Corricchia. Un minuto, giusto il tempo di guardarci perplessi fra noi. Arriva un quarto poliziotto con una torcia. La luce non manca, nel vicolo, eppure... avanza con circospezione, quasi potesse esserci qualche camaleontico criminale mimetizzatosi sulle pareti. Qualche minuto ancora, ed un quinto poliziotto si fa largo tra gli avventori. «Circolare, circolare», sembra pensare. Intanto si vedono lampi di sirene, auto della polizia che partono sgommando da Piazza Duomo e da tutti i dintorni. A gruppetti la gente parla, non senza incredula ironia, di quello cui ha assistito.
Due considerazioni sull’accaduto.
Uno. Intorno a Santa Maria Maggiore, in quella parte del centro che fa da confine tra le stazioni e Piazza Duomo, la tensione è percepibile da più di un anno. Per varie ragioni, in primis il controllo dello spaccio. Nei movimenti, nella circospezione, nelle grida; negli sguardi che ti seguono e che mescolano sfida e paura. La guerriglia di qualche settimana fa, partita in Piazza Dante e arrivata fino al centro storico, ha evidentemente alzato il sipario, sparpagliando forze dell’ordine d’ogni genere per le strade. I problemi, però, non nascono dal nulla, né si esauriscono in una fiammata. Non è ragionevole pensarlo, così come non è ragionevole passare di punto in bianco dalla tolleranza totale al correre con la pistola spianata in mezzo alla folla, come in un telefilm.
Due. Chi prepara, e come, le forze dell’ordine? I balzelli della pistola sulla strada hanno offerto un’immagine impietosa di quella divisa col fiatone: manco fosse stata un’arma giocattolo, in balia della folla e di un poliziotto impreparato. Quel poliziotto non era evidentemente in sé: non era padrone delle proprie azioni. Il suo sguardo tradiva affanno e insicurezza. Probabilmente avrebbe potuto fare qualsiasi cosa: anche sparare. A chiunque.
Come in un polizi(ott)esco anni '70, ma drammaticamente, grottescamente vero.
venerdì 17 agosto 2012
giovedì 26 luglio 2012
lunedì 16 luglio 2012
venerdì 13 luglio 2012
Lettere da Sapporo #6
La tradizione ha fatto un lungo percorso, per cancellarsi, e per permettere ai turisti di tirare il soldino, agitare il cassettino, interrogare la fortuna ("tutto andrà bene, prima o poi").
I ristoranti chiudono alle 22.00, sicché la mia gita sbagliata (sono finito a Shinjuku anziché ad Harajuku, e sulla strada del ritorno mi sono perso), terminata alle 21.50, ha causato un piccolo incidente diplomatico con il capo: lui dormiva, mentre io lottavo con la mappa (mentale, ché fisica non c'era), ma ovviamente qualsiasi colpa del disguido era facilmente attribuibile al sottoscritto (e solo al sottoscritto). In una messa bassa di sfoghi soffocati, una specie di recriminatio interrupta.
Considerazione del giorno: chi legge i libri sbagliati, sbaglia; chi non legge, sbaglia di più; chi non legge e ne avrebbe bisogno, sbaglia a maggior ragione.
Chiudo le comunicazioni, domani si torna a casa.
giovedì 12 luglio 2012
Lettere da Sapporo #5
mercoledì 11 luglio 2012
Lettere da Sapporo #4
«Tutti aspettano che accada qualcosa. E difatti accade». Ecco, e lo fa così.
martedì 10 luglio 2012
Lettere da Sapporo #3
lunedì 9 luglio 2012
Lettere da Sapporo #2
Lettere da Sapporo #1
sabato 7 luglio 2012
«Città assurda, città strana»... Di sole e pioggia, in questi giorni: un'occasione (rimandata) per vedere un concerto, un'occasione (colta) per passare del tempo con mio fratello, un'occasione (subita) per la nostalgia.
E domani si parte, di nuovo; da solo. Non mi va, ma così va. E così si va.
martedì 19 giugno 2012
venerdì 1 giugno 2012
Prima lionese.
mercoledì 23 maggio 2012
Verso Berlino.
venerdì 6 aprile 2012
mercoledì 4 aprile 2012
Epifania: senilità.
martedì 13 marzo 2012
Il videogioco dei marò.
Mi sono imbattuto in un articolo nel quale, finalmente, i due pescatori freddati dai nostri baldi marò Salvatore Girone e Massimilano Latorre non sono più “due pescatori indiani” travestiti da pirati: ma «un padre di due figli adolescenti Velentin Jelestin e un giovane tamil, Ajesh Binki, orfano di entrambi i genitori e unico sostentamento per le due sorelle, di 17 e 15 anni. Pescatori, punto. Poveri, punto. A volte morti di fame, punto».
Devo ammetterlo: ogni volta che vedo le le foto e le riprese televisive che ritraggono i nostri valorosi militari, provo un senso di repulsione. Quei due scimmioni, nelle loro tutine mimetiche, gonfiati di palestra e di puttanate, rasati, con quei maledetti pizzetti e gli occhiali a mascherina...
Mi concentro, per non farmi sopraffare dal pregiudizio, ma è più forte di me. Lo vedo, lo vedi che sono due dannati fascisti mitomani, di quelli che trovano realizzazione di sé quando possono imbracciare un fucile e magari giocare a fare gli eroi, anche (e soprattutto) quando davvero non ce n’è bisogno?
Ci siamo già sentiti dire, a suo tempo, che Quattrocchi e amici erano prodi paladini della libertà. Già: se ne andavano in giro per un territorio di guerra a fare i mercenari (cioè ad essere pagati, dal miglior offerente, per sparare), sono stati catturati durante un’azione di guerra e uno di loro, per farci vedere “come muore un italiano”, è stato freddato mentre giocava a fare il duro.
A me è bastato. E di altri falsi campioni non sento davvero l’esigenza.
C’è in ballo una questione di diritto internazionale: l’India deve rispettare le leggi condivise, fin dove queste arrivano; e rispettare le proprie, oltre.
E basta.
Il nostro paese è stato ridicolizzato dalla politica internazionale di un nano che faceva le corna nelle foto istituzionali, “cucù” da dietro le statue ad altri capi di stato e telefonava alle sue troie durante gli incontri ufficiali.
Ma merita un altro rispetto. E non è giusto che si debba vergognare, ancora, di due esaltati che sparano a vista. Questi, per quanto mi riguarda, dopo il doveroso e corretto processo se ne devono marcire in galera.
giovedì 8 marzo 2012
Si è buttato o era rigore?
Tutti indignati per lo striscione geniale della curva "Bulgarelli" durante Bologna-Juve di ieri sera:
«Pessotto simulatore. Si è buttato o era rigore»?
(aggiungo il punto di domanda, che rende il concetto ancora più chiaro)
Tutti indignati perché viviamo in un paese senza senso dell'(auto)ironia.
Quei fascisti di merda dei "drughi", gli ultras della Juve, preparano tutte le domeniche striscioni (ricordiamo, tanto per dirne uno, "Facchetti morto che parla") con toni marziali e caratteri forzanuovisti (perché sono fascisti, sic!, nello stadio e fuori) e intonano cori raccapriccianti, ma nessuno batte ciglio. Come in nessun altro stadio italiano, dove ogni domenica la gente si insulta a morte.
Questi quattro pellegrini reagiscono solo davanti all'ironia. È incredibile.
(Stiamo peraltro parlando di uno che è ancora vivo: quale modo migliore dell'ironia per stemperare la tensione del gesto?)
«Non si scherza con la morte». Ma la si affronta perché esiste, fessi. Magari senza questo sconcertante perbenismo e con la dovuta lucidità.
Ah, dimenticavo: forza Bologna, sempre.
venerdì 2 marzo 2012
martedì 28 febbraio 2012
lunedì 20 febbraio 2012
giovedì 26 gennaio 2012
venerdì 20 gennaio 2012
Big brother in the holding company
Quest'oggi nessuno dei dirigenti è presente in azienda. Sono tutti ad un corso di formazione, dall'amministratore delegato al responsabile del personale.
Eppure mi sento osservato. Chi controlla, oggi? Un collega dell'ufficio accanto? Un incaricato nascosto? Un paria inebriato dal potere?
Resta il fatto che ci sarebbe il clima ideale per una rivolta.
I colleghi d'ufficio si sono ravveduti col passare delle ore. Ma l'inizio era stato di tutt'altre avvisaglie. Appena arrivato, stamattina, li ho infatti salutati con voce decisa, chiedendo il più classico dei "come va". Nessuna risposta, salvo un mugugno.
«È forse perché manca il capo?», mi sono domandato fra me e me. Paparino non c'è. «Dormito male? Colazione con bratwürst e vetriolo?». Mi sono innervosito istantaneamente, come quando l'anziano con il latte di soia ti maltratta alla cassa del supermercato. Il perché è superfluo spiegarlo. Non è forse demenziale ridursi a questi livelli di tensione per il lavoro? Nemmeno fosse la galera. Quanto è ridicolo e infantile, quanto è meschino e arrendevole diventare maleducati per il proprio intimo disagio, specialmente se questo è generato in modo tanto ingiustificato?
Se non cordiali, civili, via. Non ve l'ha detto la mamma?
Ecco perché ci sarebbe il clima ideale per una rivolta, ma la rivolta non ci sarà.
lunedì 16 gennaio 2012
Pranzi di lavoro.
28 dicembre, 16.48. Maternità.
«Gravità.
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Quando esce brucia. Comparto vigili del fuoco; involontari? Il bambino esce con un balzo, urlando. Banzai.
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Padre vestito da astronauta, entra in sala operatoria come Dustin Hoffmann ne “Il laureato”; saluta alzando un guanto».
6 gennaio, 23.32. C’eravamo tanto sopravvalutati.
«L’operazione più intellettuale che compio è seguire il Bologna Football Club».
14 gennaio, 2.47. Conoscenti di (ri)vista.
«[M. ed io] abbiamo gli stessi interessi culturali. Bisogna solo stare attenti a portarli alle estreme conseguenze, non alle estreme unzioni».