Sveglia alle 7:30, come al solito. Più sveglio del solito, però; e non a torto.
Esco di casa presto, in effetti, per passare in edicola e far mia una copia di “TV Sorrisi e canzoni” (!). Inizia oggi, infatti, con l’ambigua rivista, la raccolta di una serie di lp digitali degli amati Doors: ecco la spiegazione della sveglia vigorosa, del sorrisino indelebile che porto al cospetto dell’edicolante, del cappotto tipico delle grandi occasioni.
Il disco, a dire il vero, non è ancora arrivato, mi spiega l’edicolante, roteando in cielo il suo braccio ingessato. Ringrazio e rimonto in macchina, senza perdere il buonumore, alimentato (in questo caso) dall’attesa.
Il cielo ha un aspetto limpidamente sornione, stamane, e non è mattina per fare la solita strada, la consueta tangenziale esterna: sceglierò la via che di solito percorro in moto, e che taglia la collina attraverso quelle che un tempo erano zone residenziali, ed ora quasi dormitori.
Le prime curve sono molto rapide; guido veloce, stamattina, e la strada vuota è un invito a far gracchiare sommessamente i pneumatici.
Una curva a sinistra, una a destra... a destra: una macchina nera in mezzo alla strada. Ho un deja vù. Ero in moto, però, allora. Ero in terra, la moto era in terra, la mia borsa a qualche metro.
Ancora lei! Ancora in mezzo alla strada, con quella sua stessa faccia da cagna maltrattata, carica di trucco come un Pierrot! Scalo una marcia, rallentando; la salita aiuta. La guardo; lei guarda avanti, impassibile, con la sua espressione vacua e vagamente ebete.
Sorrido fra me e me; mormoro “maledetta puttana”, scuotendo la testa. Devo ricordarmi di non fare questa strada; sogghigno.
1 commento:
oppure dovresti farla piu spesso, la strada della collina, e se sei fermo al semaforo far cantare il motore con aria di sfida guardando la tipa
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