“La storia della ballerina aveva qualcosa di interessante. L’avevo conosciuta a San Francisco tre o quattro anni prima e mi ero invaghito di lei. Aveva più o meno vent’anni allora, ma aveva l’aria innocente di una quindicenne e ballava in un corpo di ballo che io ero stato a vedere parecchie volte tra prove e balletti.
Aveva un fisico molto, molto interessante e il seno un po’ troppo grosso per una ballerina. Era bionda anche lei e molto carina, modello ragazza della porta accanto. Purtroppo aveva un approccio piuttosto indolente alla danza e credo che questo alla fine l’abbia portata a smettere.
Una volta durante le prove, c’era una scena del balletto in cui lei doveva restare immobile a terra con indosso un body nero. Le altre ballerine le ballavano intorno e poi, dopo cinque minuti d’immobilità, lei doveva rialzarsi e tornare a ballare con loro.
Per cinque minuti lei non si è mossa minimamente ed è rimasta distesa in maniera piuttosto invitante a terra. Quando però è venuto il momento di tornare ai movimenti del balletto, lei ha continuato a rimanere immobile. A quel punto era importante che si unisse al balletto e invece lei ha continuato a rimanere distesa.
«Ehi, S» le ha detto una delle ballerine e alla fine ha gridato «S!», ma niente. Dormiva. Le altre ballerine hanno dovuto interrompere il balletto e svegliarla.
Lei aveva l’aria confusa e l’erotismo sonnolente del dopo risveglio.
Credo che abbia lasciato il corpo di ballo poco dopo e io non l’avevo più rivista fino alla settimana prima a Mendocino.”
(R. Brautigan, “Una donna senza fortuna”, trad. E. Monti)
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