“Le baracche del XXIV ospedale da campo sorgevano al margine della città. Per arrivare all’ospedale, dal capolinea del tram, un uomo sano ci avrebbe impiegato una mezz’ora camminando spedito. Il tram portava nel mondo, nella grande città, nella vita. Ma i malati del XXIV ospedale da campo quel capolinea non potevano raggiungerlo.
Erano ciechi o paralitici. Zoppicavano. Una pallottola li aveva colpiti alla spina dorsale. Aspettavano un’amputazione o erano già amputati. La guerra era finita ormai da un pezzo. Avevano dimenticato le istruzioni, il sergente, il signor capitano, la compagnia in marcia, il cappellano militare, il genetliaco dell’imperatore, il rancio, la trincea, l’assalto. La loro pace col nemico era firmata. E già si attrezzavano a sostenere una nuova guerra: contro i dolori, le protesi, le membra storpiate, la schiena curva, le notti insonni; e contro i sani.
Soltanto Andreas Pum era soddisfatto di come andavano le cose. Aveva perso una gamba e ricevuto una decorazione. Molti non avevano decorazioni benché avessero perduto ben più di una gamba. Erano senza gambe e senza braccia. Oppure erano condannati in un letto perché avevano il midollo spinale spappolato. Andreas Pum era contento quando vedeva che gli altri soffrivano.
Credeva in un Dio giusto. Il suo Dio distribuiva pallottole nella spina dorsale, amputazioni, ma anche medaglie a chi se le meritava. A pensarci bene, la perdita di una gamba non era poi così grave, e grande la fortuna di avere ottenuto una decorazione. Gli invalidi potevano contare sul rispetto del mondo, gli invalidi con decorazione sul rispetto del governo.
Il governo è una cosa che sta sopra gli uomini, così come il cielo sta sopra la terra. Ciò che viene dal governo può essere un bene o un male, ma è comunque una cosa grande, ultrapotente, insondata e insondabile, benché talvolta risulti comprensibile anche alla gente comune.
Alcuni commilitoni imprecano contro il governo. Secondo loro dal governo non hanno ricevuto altro che torti. Come se la guerra non fosse una necessità! Come se i dolori, le amputazioni, la fame e la miseria non fossero le sue logiche e inevitabili conseguenze! Che cosa pretendevano? Erano uomini senza Dio, senza Imperatore, senza Patria. Insomma, dei pagani. «Pagani»: non c’è termine migliore per coloro che si oppongono a tutto ciò che viene dal governo.”
(J. Roth, “La ribellione”, trad. R. Colorni)
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