mercoledì 24 ottobre 2007

Un po' troppo (One of my turns - Waters)

Scrivo troppo.

Cheeeeeeeeeee giornata uggiosa. Mi confondo nel delicato Suono del Tuono.
Compleanno di Giulia.
La colazione dolce è (solo) una barbara abitudine italiana, secondo me. Questa mattina è più salata, più che altro.
Mercoledì. Mercoledì. Mercoledì. Percolante mercoledì. Ne siete proprio sicuri?
Lettore di “Herzog”; forse Herzog stesso. Alcuni pensieri mi hanno ormai gettato qui, ed ora... eccoci qui.
Tanti auguri, amore mio.

Ore 2:48: Sarà stato stupido ma io adesso rutto noccioline. Non è da tutti, cazzo.
Ore 2:53: Ora vorrei essere spaventoso.

(penso molto -MOLTO- intensamente a “Lookin’ out my back door” e al Grande Lebowski che si scotta)

La compagnia, ier’ sera, la tavolata, insomma, era molto simile al non-compleanno di Alice. Cappellai matti e altre comparse.

“Al di là dell'innocenza e al di là della pietà,
al di là delle emozioni e al di là della realtà.
Al di là dei lunghi inverni
e del povero che chiama la sua povertà.
Nasceranno bambini vestiti di cielo, suonatori di
flauto. 
Al di là delle bottiglie che ti portano lontano,
al di là della pazienza che ti fa morire piano.
Al di là dei pomeriggi in cui
fabbrichi il tuo mondo che ti tradirà. 
Nasceranno bambini vestiti di cielo, suonatori di
flauto.

Ho visto torri alte e un Paradiso,
crescere sopra isole deserte,
dov'eri tu quando parlavo tanto,
ed ero solo come è una bestemmia.
Torre d'avorio e pena nella notte,
cristallizzato nella tua agonia. 
Dov'eri tu vestito da scolaro,
quando dormivo senza avere sogni,
dov'eri tu col tuo sorriso onesto,
dov'eri tu col tuo vestito hippy 
e il tuo ospedale per i cuori infranti,
chiusi dentro un cassetto insieme al vino,
dov'eri tu con il tuo buonumore.
Tu mi stavi ammazzando,
tu mi stavi ammazzando con amore. 
E io dormivo dove era più freddo,
dentro il mio pozzo ormai senza pudore,
con il mio cuore stranamente nudo
e mi dicevo adesso si che sto crescendo,
invece era soltanto una stazione,
certezza necessaria e sufficiente,
utile tutt'al più per affogare,
per liberarmi da un vestito stretto
ed indossarne uno un po' più largo.
Dov'eri tu che mi dicevi sempre,
"Guarda che bello, come siamo pazzi".
Dov'eri tu quando restavo zitto
ed ero ingenuo come era una bestemmia,
dov'eri tu con la pace nel cuore.
Tu mi stavi ammazzando,
tu mi stavi ammazzando con amore. 
E adesso guarda ho rotto il mio orologio
e ho costruito la mia stanza a specchi
e cullo il mio suicidio come un bimbo
che aspetta il giorno che verrà Natale
e non invidio la tua casa bianca,
dove resisterai fino a cent'anni,
per finire su un letto di granito,
con il conforto della tua coscienza,
le mani nette e il cuore di cristallo
e i cani abbaieranno a mezza voce.
Io forse allora non sarò più niente,
solo una ‘X’ nel ciclo dell'azoto,
se c'è un inferno mi saprà ascoltare.
Buonanotte fratello,
buonanotte fratello con amore.”

Che dolore, questa musica (F.D.G.), che dolore. Che dolore, questa bottiglia quasi vuota.
Oggi è il compleanno di Giacomo Bulgarelli; qualcuno lo sapeva? Festeggio alla grande con una bella bottiglia (piena) di acqua. Fresca. Vera. Nestlé. E la carrozza ritornata zucca (rintronata).

Mio padre fumava la pipa. Ha smesso. Non ricordo bene come facesse, ma... si devono fare almeno tre cariche, mi dicevano. La prima molto leggera, la seconda intermedia, la terza pigiata. Penso che si tratti di un percorso di avvicinamento al calore del fornello. Funziona. Giulia ha una pipa; gliel'ho regalata io, tanto, tanto tempo fa. L'abbiamo fumata insieme, qualche volta. Tanto, tanto tempo fa.

“E poi e poi, gente viene qui e ti dice di sapere già ogni legge delle cose. 
E tutti, sai, vantano un orgoglio cieco di verità fatte di formule vuote...
E tutti, sai, ti san dire come fare, 
quali leggi rispettare, quali regole osservare, qual è il vero vero...”

Ma perché sei proprio in ogni, ogni canzone? In tutte e ciascuna nota, in queste parole?

“E poi e poi, se ti scopri a ricordare, ti accorgerai che non te ne importa niente 
e capirai che una sera o una stagione son come lampi, luci accese e dopo spente 
e capirai che la vera ambiguità 
è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini... 
E poi, e poi, che quel vizio che ti ucciderà non sarà fumare o bere, 
ma il qualcosa che ti porti dentro, 
cioè vivere, vivere e poi, poi vivere
e poi, poi vivere...”

Vorrei urlare. Dare un calcio ad un sasso e buttarlo nel mare. Però vorrei anche arrivare fino in fondo. Forse dovrei andare via da Trento; a momenti mi sento schiacciare dai suoi bei muri. Non sono morto né guarito, ma ci sto provando, eccome. Risolutamente. Eccomi qui.
Hai ragione sulla luna, ma sbagli riguardo alle stelle, così fredde da sembrare aghi. Buon compleanno, amore mio. Addio, amore mio.
Rileggo lettere? Non rileggo lettere. Forse è meglio di no.
Il cappellaio matto mi ha invitato alla sua festa. Intanto corre via.
Suvvia, mitighiamo i bassi, mitighiamo gli alti.

“restaron soltanto il mare e un bikini amaranto”...

Forza forza forza forza forza forza forza. Dopo la scrittura, sempre meglio. Però scrivo troppo.

1 commento:

Unknown ha detto...

Hai decisamnete bisogno di una decina di ottime birrette qui a Lille...