Vabbè, però non è possibile giocare così.
Un generoso affanculo a chi non mi spiega, a chi non si spiega, a chi lascia intendere, a chi fa finta di niente, a chi non sa bere, a chi beve male, a chi finge nella sua vita che è una finzione, a chi finge nella sua vita che è una minzione, a chi della sua vita triste ha fatto un film, a chi non regge le sue azioni, a chi sparisce. A chi parla a vanvera, a chi si parla addosso, a chi si sente sicuro nelle sue sciocchezze. Alle uscite insinuanti e (in)sinuose di F.B., a cantanti (non ancora) famosi, a cinque minuti di tristezza, a cinque minuti di indecisione, al posto al sole, alle cose tenute all'ombra, agli amici senza coraggio, al coraggio. Alla nazionale che gioca con Luca Toni. All'ultimo bicchiere che non è ancora abbastanza. A chi non chiama, a chi non risponde, a chi pensa assurdità — le rende verità — e poi sparisce. Agli illusionisti dell'hascisc, all'impostura della loro vanità. Alla ricerca monoscopica, alla tristezza di una solitudine giocata da sé, a chi non ha letto tanti libri, a chi ha letto i libri sbagliati, a chi non sa leggere anche se è laureato. Alle foto tristi di gente che se ne va. A chi ti corre di fianco con le cuffie e poi non lo fa più.
Affanculo.
Che brutto mondo di pupazzi.
Alcuni lettori sono grotteschi.
Affanculo, va'.
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