(http://www.youtube.com/watch?v=bStknqMwo-c)
Per uno che, come me, crede ciecamente nel voto e nella legittimazione democratica, arrivare a questo punto, dentro questo referendum che ho combattuto dal suo nascere, è doloroso e avvilente.
Mi sono posto alcune domande sul tema del referendum.
1) Non è forse molto più democratico, a priori, un sistema proporzionale? Un sistema elettorale non deve, ovviamente, dare voce a chiunque abbia il desiderio di autorappresentarsi; ma neppure cancellare tutto ciò che sta sotto l'8%. In fin dei conti, l'1% di 30 milioni equivale a 300000 persone: non mi sembra che siano una quantità non significativa. Perché, quindi, non ripensare ad un sistema proporzionale ben costruito, con sbarramenti ben commisurati?
2) Negli ultimi anni, le coalizioni sono state costruite su cifre e percentuali, più che sui programmi. Viene in mente, al riguardo, il mastodontico programma che il centrosinistra ha proposto nel 2006 e poi sacrificato sugli altarini dei vari Mastella. Lo svilimento delle prospettive programmatiche è probabilmente diretta conseguenza del fatto che gli sbarramenti ed i premi di maggioranza favoriscono la formazione di armate Brancaleone e gli accordi "di sopravvivenza". Non si riesce però a capire come il referendum, qualora avesse avuto esito positivo, avrebbe potuto migliorare questa situazione. La nascita del PdL, a questo proposito, è emblematica (ed il suo intento, proprio in vista del referendum, è stato chiaro): al suo interno ci sono, ovviamente, le stesse facce che poco prima militavano in FI e AN (più qualche tansfugo); è quindi cambiato il contenitore, ma non il contenuto. Si arriva, cioè, ad avere l'armata tutta dentro Brancaleone. Perciò il problema non è risolto, da questo punto di vista. E, d'altra parte, il programma può essere ancor più facilmente ignorato, perché non ci deve essere nemmeno la parvenza di un dialogo con altre parti. A partire da queste considerazioni, non sarebbe meglio che il Governo si formasse, sulla base della composizione parlamentare, a partire dalla concordanza programmatica? Non sarebbe, questa, anche una soluzione al "gioco del meno peggio" che da molto tempo ammorba una larga porzione dell'elettorato (me compreso)?
3) La storia delle democrazie contemporanee non ha forse dimostrato che la perdita dell'alternativa e della varietà di pensiero porta a conseguenze che possono essere drammatiche?
4) Si può davvero, da cittadini, sacrificare il buon governo in nome della cosiddetta "governabilità"? Ovvero, sull'attuale: è veramente preferibile, a governi di breve durata, una legislatura portata a termine in tutta serenità da inetti, affaristi e mascalzoni?
5) Il comitato referendario (composto peraltro da una inquietante amalgama trasversale) pensava davvero che il referendum potesse diventare, come si è sentito dire da molti suoi sostenitori, una spinta ad una riforma elettorale parlamentare? Si deve parlare di ingenuità, di faciloneria o piuttosto di una strategia funzionale?
Detto questo, posso solo aggiungere che Giovanni Guzzetta e la sua claque non possono davvero avere la mia considerazione. Hanno svilito, una volta di più, lo strumento democratico del referendum, continuando la ignobile e grottesca tradizione del MarioSegnismo. Trovo che non siano perdonabili.
1 commento:
ahimè, mi trovo a pensare che alla domanda 4 oggi come oggi risponderei sì (tranquillo, ho ben messo nel conto quell'espressione che ora hai stampata in faccia).
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