Pensare a questi ferrovieri, duri e asciutti, che trasformano in rabbia il pianto per i morti, ha il sapore caldo del tempo andato.
«...il trasporto ferroviario è un servizio complesso in cui anche il più piccolo incidente o guasto, può determinare immani tragedie e come tale va analizzato e preso, sempre, nella massima considerazione. Rinnoviamo la più ferma critica al gruppo dirigente delle Ferrovie che ha dirottato risorse e tecnologia sul servizio 'luccicante' dell' alta velocità lasciando che il resto del servizio ferroviario, in particolare merci e pendolari, deperisse sia in termini di qualità che di sicurezza.»
Hanno ragione. Dannazione, hanno ragione.
Sono stanco di avere il lucido negli occhi.
[Le premesse (prima e seconda, non filosofica) sono lì a far passare il tempo. Il resto si espone compostamente.]
martedì 30 giugno 2009
lunedì 29 giugno 2009
«...porta via il tempo, tutto quello che sa,
quel po' di orgoglio, la mia volontà…
Catene d’oro ai desideri che ho, per ritrovare un uomo, o la sua ombra, non so...
Come mai mi maledici e poi rimani?
Lasciami qui, lasciami qui, lasciami qui,
lascia che sia così.
Aspetterò, aspetterò, aspetterò,
finché tu dirai no.
No, se non conosci i sentimenti;
No, se mi regali i tuoi rimpianti.
Fortuna è ridere ancora
mentre tu te ne vai… fortuna.
Fortuna? Quale fortuna?
Tenersi le mani,
e giurare che poi saremmo arrivati a domani.
Lasciami qui, lasciami qui, lasciami qui,
magari è giusto così.
Un’abitudine, no. Un’abitudine no.
Fortuna che tu eri vera...
Fortuna fu una pazzia. Fortuna.
Sicuro. Sicuro:
io resterò ancora in piedi. Lo giuro...»
quel po' di orgoglio, la mia volontà…
Catene d’oro ai desideri che ho, per ritrovare un uomo, o la sua ombra, non so...
Come mai mi maledici e poi rimani?
Lasciami qui, lasciami qui, lasciami qui,
lascia che sia così.
Aspetterò, aspetterò, aspetterò,
finché tu dirai no.
No, se non conosci i sentimenti;
No, se mi regali i tuoi rimpianti.
Fortuna è ridere ancora
mentre tu te ne vai… fortuna.
Fortuna? Quale fortuna?
Tenersi le mani,
e giurare che poi saremmo arrivati a domani.
Lasciami qui, lasciami qui, lasciami qui,
magari è giusto così.
Un’abitudine, no. Un’abitudine no.
Fortuna che tu eri vera...
Fortuna fu una pazzia. Fortuna.
Sicuro. Sicuro:
io resterò ancora in piedi. Lo giuro...»
domenica 28 giugno 2009
venerdì 26 giugno 2009
giovedì 25 giugno 2009
Moira Orfei sulla pancia.
Le strade di Padova. Come sei mesi, sei anni fa. Una foto e cento pensieri per ognuna.
Tu mi manchi, e lì ancora di più.
Ma avrei dovuto incontrarla ancora, la città, prima o poi.
Tu mi manchi, e lì ancora di più.
Ma avrei dovuto incontrarla ancora, la città, prima o poi.
mercoledì 24 giugno 2009
lunedì 22 giugno 2009
"Papà di Jim, innanzi tutto ti dico: pezzo di merda!" (sottotitolo: cosa ci si può aspettare da un ex presidente della FUCI?)
(http://www.youtube.com/watch?v=bStknqMwo-c)
Per uno che, come me, crede ciecamente nel voto e nella legittimazione democratica, arrivare a questo punto, dentro questo referendum che ho combattuto dal suo nascere, è doloroso e avvilente.
Mi sono posto alcune domande sul tema del referendum.
1) Non è forse molto più democratico, a priori, un sistema proporzionale? Un sistema elettorale non deve, ovviamente, dare voce a chiunque abbia il desiderio di autorappresentarsi; ma neppure cancellare tutto ciò che sta sotto l'8%. In fin dei conti, l'1% di 30 milioni equivale a 300000 persone: non mi sembra che siano una quantità non significativa. Perché, quindi, non ripensare ad un sistema proporzionale ben costruito, con sbarramenti ben commisurati?
2) Negli ultimi anni, le coalizioni sono state costruite su cifre e percentuali, più che sui programmi. Viene in mente, al riguardo, il mastodontico programma che il centrosinistra ha proposto nel 2006 e poi sacrificato sugli altarini dei vari Mastella. Lo svilimento delle prospettive programmatiche è probabilmente diretta conseguenza del fatto che gli sbarramenti ed i premi di maggioranza favoriscono la formazione di armate Brancaleone e gli accordi "di sopravvivenza". Non si riesce però a capire come il referendum, qualora avesse avuto esito positivo, avrebbe potuto migliorare questa situazione. La nascita del PdL, a questo proposito, è emblematica (ed il suo intento, proprio in vista del referendum, è stato chiaro): al suo interno ci sono, ovviamente, le stesse facce che poco prima militavano in FI e AN (più qualche tansfugo); è quindi cambiato il contenitore, ma non il contenuto. Si arriva, cioè, ad avere l'armata tutta dentro Brancaleone. Perciò il problema non è risolto, da questo punto di vista. E, d'altra parte, il programma può essere ancor più facilmente ignorato, perché non ci deve essere nemmeno la parvenza di un dialogo con altre parti. A partire da queste considerazioni, non sarebbe meglio che il Governo si formasse, sulla base della composizione parlamentare, a partire dalla concordanza programmatica? Non sarebbe, questa, anche una soluzione al "gioco del meno peggio" che da molto tempo ammorba una larga porzione dell'elettorato (me compreso)?
3) La storia delle democrazie contemporanee non ha forse dimostrato che la perdita dell'alternativa e della varietà di pensiero porta a conseguenze che possono essere drammatiche?
4) Si può davvero, da cittadini, sacrificare il buon governo in nome della cosiddetta "governabilità"? Ovvero, sull'attuale: è veramente preferibile, a governi di breve durata, una legislatura portata a termine in tutta serenità da inetti, affaristi e mascalzoni?
5) Il comitato referendario (composto peraltro da una inquietante amalgama trasversale) pensava davvero che il referendum potesse diventare, come si è sentito dire da molti suoi sostenitori, una spinta ad una riforma elettorale parlamentare? Si deve parlare di ingenuità, di faciloneria o piuttosto di una strategia funzionale?
Detto questo, posso solo aggiungere che Giovanni Guzzetta e la sua claque non possono davvero avere la mia considerazione. Hanno svilito, una volta di più, lo strumento democratico del referendum, continuando la ignobile e grottesca tradizione del MarioSegnismo. Trovo che non siano perdonabili.
Per uno che, come me, crede ciecamente nel voto e nella legittimazione democratica, arrivare a questo punto, dentro questo referendum che ho combattuto dal suo nascere, è doloroso e avvilente.
Mi sono posto alcune domande sul tema del referendum.
1) Non è forse molto più democratico, a priori, un sistema proporzionale? Un sistema elettorale non deve, ovviamente, dare voce a chiunque abbia il desiderio di autorappresentarsi; ma neppure cancellare tutto ciò che sta sotto l'8%. In fin dei conti, l'1% di 30 milioni equivale a 300000 persone: non mi sembra che siano una quantità non significativa. Perché, quindi, non ripensare ad un sistema proporzionale ben costruito, con sbarramenti ben commisurati?
2) Negli ultimi anni, le coalizioni sono state costruite su cifre e percentuali, più che sui programmi. Viene in mente, al riguardo, il mastodontico programma che il centrosinistra ha proposto nel 2006 e poi sacrificato sugli altarini dei vari Mastella. Lo svilimento delle prospettive programmatiche è probabilmente diretta conseguenza del fatto che gli sbarramenti ed i premi di maggioranza favoriscono la formazione di armate Brancaleone e gli accordi "di sopravvivenza". Non si riesce però a capire come il referendum, qualora avesse avuto esito positivo, avrebbe potuto migliorare questa situazione. La nascita del PdL, a questo proposito, è emblematica (ed il suo intento, proprio in vista del referendum, è stato chiaro): al suo interno ci sono, ovviamente, le stesse facce che poco prima militavano in FI e AN (più qualche tansfugo); è quindi cambiato il contenitore, ma non il contenuto. Si arriva, cioè, ad avere l'armata tutta dentro Brancaleone. Perciò il problema non è risolto, da questo punto di vista. E, d'altra parte, il programma può essere ancor più facilmente ignorato, perché non ci deve essere nemmeno la parvenza di un dialogo con altre parti. A partire da queste considerazioni, non sarebbe meglio che il Governo si formasse, sulla base della composizione parlamentare, a partire dalla concordanza programmatica? Non sarebbe, questa, anche una soluzione al "gioco del meno peggio" che da molto tempo ammorba una larga porzione dell'elettorato (me compreso)?
3) La storia delle democrazie contemporanee non ha forse dimostrato che la perdita dell'alternativa e della varietà di pensiero porta a conseguenze che possono essere drammatiche?
4) Si può davvero, da cittadini, sacrificare il buon governo in nome della cosiddetta "governabilità"? Ovvero, sull'attuale: è veramente preferibile, a governi di breve durata, una legislatura portata a termine in tutta serenità da inetti, affaristi e mascalzoni?
5) Il comitato referendario (composto peraltro da una inquietante amalgama trasversale) pensava davvero che il referendum potesse diventare, come si è sentito dire da molti suoi sostenitori, una spinta ad una riforma elettorale parlamentare? Si deve parlare di ingenuità, di faciloneria o piuttosto di una strategia funzionale?
Detto questo, posso solo aggiungere che Giovanni Guzzetta e la sua claque non possono davvero avere la mia considerazione. Hanno svilito, una volta di più, lo strumento democratico del referendum, continuando la ignobile e grottesca tradizione del MarioSegnismo. Trovo che non siano perdonabili.
domenica 21 giugno 2009
Quella lì non è mica la mia faccia.
Tanto per cominciare, l'ho pensato da subito: ha ragione Dalfovo.
I soldi a SuperMario vanno bene solo in un videogioco.
Dopodiché: e se partissi da solo, in moto?
Impagabili chilometri con il culo sulla sella. All'est? Magari all'ovest.
Everybody knows this is nowhere.
«Il mio viaggio in Canada a ottobre è stato un disastro. In quel momento della mia vita sarei dovuto andare in qualunque altro posto del mondo all'infuori del Canada. È stato uno scherzo del destino a portarmici. Di fatto sono un pessimo viaggiatore. Anzi, per certi versi è strano che viaggi così tanto, visto quanto poco ci sono portato.
Tanto per cominciare, non sono nemmeno capace di fare la valigia. Metto sempre un sacco di cose inutili e poche utili. Il che potrebbe anche andare, sarebbe una cosa tollerabile, se non fosse che poi io sto male e continuo a ripensare alla logistica della preparazione della valigia ben oltre la fine del viaggio.
Ripenso ancora a un viaggio che ho fatto in Colorado nel 1980 quando ho messo in valigia sei paia di pantaloni e solo due camicie. Cosa diavolo facevo con sei paia di pantaloni in un viaggio di due settimane in Colorado? Mi servivano più camicie. Avrei dovuto fare il contrario. Avrei dovuto mettere in valigia sei camicie e due paia di pantaloni. Questo sì che avrebbe avuto senso, tanto più che in Colorado faceva talmente caldo che le cavallette si mangiavano gli orti della gente da sotto le loro insalate e io avevo solo due camicie.»
Ti sarebbe piaciuto, sì. Con l'orgoglio nello sguardo, proprio così.
Chi l'ha detto che è così? Certo che è così. Certo che sì.
(ciò che è citato: R. Brautigan, "Una donna senza fortuna", trad. E. Monti)
I soldi a SuperMario vanno bene solo in un videogioco.
Dopodiché: e se partissi da solo, in moto?
Impagabili chilometri con il culo sulla sella. All'est? Magari all'ovest.
Everybody knows this is nowhere.
«Il mio viaggio in Canada a ottobre è stato un disastro. In quel momento della mia vita sarei dovuto andare in qualunque altro posto del mondo all'infuori del Canada. È stato uno scherzo del destino a portarmici. Di fatto sono un pessimo viaggiatore. Anzi, per certi versi è strano che viaggi così tanto, visto quanto poco ci sono portato.
Tanto per cominciare, non sono nemmeno capace di fare la valigia. Metto sempre un sacco di cose inutili e poche utili. Il che potrebbe anche andare, sarebbe una cosa tollerabile, se non fosse che poi io sto male e continuo a ripensare alla logistica della preparazione della valigia ben oltre la fine del viaggio.
Ripenso ancora a un viaggio che ho fatto in Colorado nel 1980 quando ho messo in valigia sei paia di pantaloni e solo due camicie. Cosa diavolo facevo con sei paia di pantaloni in un viaggio di due settimane in Colorado? Mi servivano più camicie. Avrei dovuto fare il contrario. Avrei dovuto mettere in valigia sei camicie e due paia di pantaloni. Questo sì che avrebbe avuto senso, tanto più che in Colorado faceva talmente caldo che le cavallette si mangiavano gli orti della gente da sotto le loro insalate e io avevo solo due camicie.»
Ti sarebbe piaciuto, sì. Con l'orgoglio nello sguardo, proprio così.
Chi l'ha detto che è così? Certo che è così. Certo che sì.
(ciò che è citato: R. Brautigan, "Una donna senza fortuna", trad. E. Monti)
sabato 20 giugno 2009
Non lo so, non lo so, non lo so.
...è domani, cioè oggi. Sei mesi.
6
di dolore paura ansia disagio inettitudine malinconia noia assenza voglia lacrime incomprensione disarmo riflessione.
Non
lo
so.
Come si fa.
Forse, se fossi in Nigeria, distruggerei anch'io un oleodotto.
Ma io sono a Trento, Italia.
Ed ho facoltà, e capacità, di distruggere solo il signor dottor L.F.
...è domani, cioè oggi. Sei mesi.
6
di dolore paura ansia disagio inettitudine malinconia noia assenza voglia lacrime incomprensione disarmo riflessione.
Non
lo
so.
Come si fa.
Forse, se fossi in Nigeria, distruggerei anch'io un oleodotto.
Ma io sono a Trento, Italia.
Ed ho facoltà, e capacità, di distruggere solo il signor dottor L.F.
giovedì 18 giugno 2009
martedì 16 giugno 2009
No Monaco no party?
Dopo una giornata di Vero Delirio (io non ci voglio andare a Monaco, non ci voglio andare, non ci voglio andare), prenoto volo e hotel per Los Alamos.
La ragazza dell'agenzia si chiama Valentina, ed è molto gentile, oltre ad essere carina e simpatica. Mi tira un po' su; a volte basta davvero poco.
Mi faccio due risate pensando alla paranoia degli americani. Chiedo a Valentina se davvero non posso portare armi con me; lei mi suggerisce di infilarle, tutt'al più, nel bagaglio in stiva.
Ci farò un pensiero: la pistola ad acqua e le bolle di sapone potrebbero sempre essermi utili, tra gli yankee del New Mexico.
Appena uscito, noto un signore che fissa la mia moto. "Buongiorno", gli dico, mentre penso che sarebbe stato più adatto un "buonasera". Lui attacca: "Io avevo..."; "...il modello originale", gli rispondo io. V7 special. Impossibile da dimenticare, penso fra me e me. Pare che lo pensi anche lui, dal suo sguardo. "Hanno fatto un bel lavoro, no?", gli domando. "Sì, direi di sì. Com'è il cambio?" risponde lui, e poi mi anticipa: "La prima e la seconda entravano a martellate". Io gli spiego che no, qui si va sul velluto. Beata nuova meccanica; "ci vuole un certo comfort anche ad essere retrò?", mi domando fra me e me. Ed intanto il mio interlocutore, il mio partner d'un minuto, mi spiega che la sua aveva il cambio a destra ed il freno a sinistra. Provo a immaginarmi la sensazione. Ce la faccio, ma con risultati discutibili. "Buona giornata, e congratulazioni"; anche lui, come l'uomo della tartaruga. Comincio a pensare che ci sia speranza.
A volte basta davvero poco.
Sorrido, fra me e me, mentre faccio entrare, morbida, la seconda, e sguscio sotto i platani.
La ragazza dell'agenzia si chiama Valentina, ed è molto gentile, oltre ad essere carina e simpatica. Mi tira un po' su; a volte basta davvero poco.
Mi faccio due risate pensando alla paranoia degli americani. Chiedo a Valentina se davvero non posso portare armi con me; lei mi suggerisce di infilarle, tutt'al più, nel bagaglio in stiva.
Ci farò un pensiero: la pistola ad acqua e le bolle di sapone potrebbero sempre essermi utili, tra gli yankee del New Mexico.
Appena uscito, noto un signore che fissa la mia moto. "Buongiorno", gli dico, mentre penso che sarebbe stato più adatto un "buonasera". Lui attacca: "Io avevo..."; "...il modello originale", gli rispondo io. V7 special. Impossibile da dimenticare, penso fra me e me. Pare che lo pensi anche lui, dal suo sguardo. "Hanno fatto un bel lavoro, no?", gli domando. "Sì, direi di sì. Com'è il cambio?" risponde lui, e poi mi anticipa: "La prima e la seconda entravano a martellate". Io gli spiego che no, qui si va sul velluto. Beata nuova meccanica; "ci vuole un certo comfort anche ad essere retrò?", mi domando fra me e me. Ed intanto il mio interlocutore, il mio partner d'un minuto, mi spiega che la sua aveva il cambio a destra ed il freno a sinistra. Provo a immaginarmi la sensazione. Ce la faccio, ma con risultati discutibili. "Buona giornata, e congratulazioni"; anche lui, come l'uomo della tartaruga. Comincio a pensare che ci sia speranza.
A volte basta davvero poco.
Sorrido, fra me e me, mentre faccio entrare, morbida, la seconda, e sguscio sotto i platani.
domenica 14 giugno 2009
venerdì 12 giugno 2009
Il giorno dopo la notte
12 giugno, 2:51
Pedalare verso casa.
Lentamente verso casa.
"Pazza idea" e guardare il treno (un treno merci) che scorre, rumoroso, e compre ogni voce (anche lo strepitio del silenzio).
Cielo stellato.
Vetro. Stellato.
Pedalare verso casa.
Lentamente verso casa.
"Pazza idea" e guardare il treno (un treno merci) che scorre, rumoroso, e compre ogni voce (anche lo strepitio del silenzio).
Cielo stellato.
Vetro. Stellato.
martedì 9 giugno 2009
And when I'm all alone I really don't feel that way.
«She brings the sunshine to a rainy afternoon;
she puts the sweetness in, stirs it with a spoon.
She watches for my moods, never brings me down;
she puts the sweetness in, all around.
She knows just what to say to make me feel so good inside.
And when I'm all alone I feel I don't want to hide...
Today she brought me in, told me where she'd been;
she put my mind at rest, put the sweetness in.
I'll ask her for some time to go and look around.
She puts the sweetness in with a sound.
She knows just what to say to make a sunny day.
And when I'm all alone I really don't feel that way.
Tell me, how would you feel with no world of your own and nobody to hold?
I just can't see the way. I'm so glad it's today and you're here; you're here.
She brings the sunshine to a rainy afternoon;
She puts the sweetness in, stirs it with a spoon.
She watches for my moods, never brings me down;
She puts the sweetness in, all around.
She knows just what to say to make me feel so good inside.
And when I'm all alone I really don't feel that way.
Oh how I need her so,
I know she'll never go.
She'll never leave me, believe me, no.
She'll never go...»
lunedì 8 giugno 2009
Elezioni europee.
Vele.
L'amata Bianchi.
Super G.
Nascosto alla pioggia #1.
Nascosto alla pioggia #2.
Pedalo lentamente da Riva verso Torbole, con la mia vecchia, amata Bianchi verde, tutte le spille del caso e la macchina a tracolla. Le cuffie.
Fermo sulle foci del Sarca, un uomo sulla cinquantina, con un grande obiettivo, mi rivolge la parola.
"I'd like to spend some time in Mozambique..."
"C'è una tartaruga". Gli sorrido, tolgo una cuffia e rispondo: "Prego?".
"C'è una tartaruga".
"Davvero?"
"Sì. Vedi la fòlaga? Ecco, più avanti, a sinistra..."
"Oh, sì! Grande!"
"Sì, è grande. È un po' che è qui. Sono incredibili: possono stare due mesi senza mangiare, due settimane senza bere e sette ore in apnea. È una tartaruga di terra. Sta sei mesi sotto terra. Se scoppia la guerra atomica noi moriamo tutti, mentre lei poi torna fuori".
"È bella grande".
"Sì, avrà quarant'anni". "Ne ho anch'io una a casa; ed ho due gatte. La grande no, ma la piccola ogni tanto le mette sopra le zampe. Lei prova a muoversi, e se non ce la fa sta ferma".
Sorrido. Continuiamo a guardare la tartaruga che nuota, con la testa fuori dall'acqua. Come un serpentello.
"Nuota con la testa fuori. Sembra un serpente. Sembra E.T.; secondo me Spielberg si è ispirato. Per la forma e per quel movimento retrattile".
Eh, già. Sorrido nuovamente.
Restiamo un po' in silenzio, a guardare la tartaruga. Che nuota. Lui, io, la Bianchi. Il passeggio.
Poi "buona giornata", prende e va.
"Grazie", gli dico. E non è per l'augurio.
Cara pace. Epifania.
E poi un cigno mi ha chiesto da mangiare. E ha fatto il vanitoso con me.
E poi, ancora, ha piovuto. Forte.
L'amata Bianchi.
Super G.
Nascosto alla pioggia #1.
Nascosto alla pioggia #2.
Pedalo lentamente da Riva verso Torbole, con la mia vecchia, amata Bianchi verde, tutte le spille del caso e la macchina a tracolla. Le cuffie.
Fermo sulle foci del Sarca, un uomo sulla cinquantina, con un grande obiettivo, mi rivolge la parola.
"I'd like to spend some time in Mozambique..."
"C'è una tartaruga". Gli sorrido, tolgo una cuffia e rispondo: "Prego?".
"C'è una tartaruga".
"Davvero?"
"Sì. Vedi la fòlaga? Ecco, più avanti, a sinistra..."
"Oh, sì! Grande!"
"Sì, è grande. È un po' che è qui. Sono incredibili: possono stare due mesi senza mangiare, due settimane senza bere e sette ore in apnea. È una tartaruga di terra. Sta sei mesi sotto terra. Se scoppia la guerra atomica noi moriamo tutti, mentre lei poi torna fuori".
"È bella grande".
"Sì, avrà quarant'anni". "Ne ho anch'io una a casa; ed ho due gatte. La grande no, ma la piccola ogni tanto le mette sopra le zampe. Lei prova a muoversi, e se non ce la fa sta ferma".
Sorrido. Continuiamo a guardare la tartaruga che nuota, con la testa fuori dall'acqua. Come un serpentello.
"Nuota con la testa fuori. Sembra un serpente. Sembra E.T.; secondo me Spielberg si è ispirato. Per la forma e per quel movimento retrattile".
Eh, già. Sorrido nuovamente.
Restiamo un po' in silenzio, a guardare la tartaruga. Che nuota. Lui, io, la Bianchi. Il passeggio.
Poi "buona giornata", prende e va.
"Grazie", gli dico. E non è per l'augurio.
Cara pace. Epifania.
E poi un cigno mi ha chiesto da mangiare. E ha fatto il vanitoso con me.
E poi, ancora, ha piovuto. Forte.
sabato 6 giugno 2009
Mi faccio un po' del male.
Mi faccio un po' del male a guardare vecchie foto. Di Bologna, di Ferrara. La Sicilia. Barcellona.
Beh.
Bah.
La pasta per la pizza.
Il letto nuovo (vecchio) da montare. Mafalda.
Un Natale.
Traslochi e cambiamenti.
Gesù Cristo, quanto mi manchi.
Sofri a Firenze (te lo ricordi, Sofri a Firenze?).
Il mio compleanno al parco. La laurea.
I tuoi esperimenti fotografici sul tavolo della cucina.
La Puglia e il mal di pancia.
Sollevarti per le braccia.
Cazzo.
martedì 2 giugno 2009
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