Giovedì vado a Londra.
A zonzo.
Sulla spiaggia.
Volo via.
«Oggi è il compleanno della tua nonna. Le ho portato una pianta. Lei mi ha regalato caramelle (Elah 900; ci pensi?) e soldi – come sempre. È incorreggibile. Abbiamo parlato di te, della pioggia e del freddo, della mia moto, degli alunni di mia madre, dei suoi vecchietti che sfama, di Torino, delle ciliegie, e ancora di te. Non la dimenticare. Me lo dice sempre. E come potrei?»
«Lo sguardo. Il tuo sguardo. E come potrebbe non essere nel mio? Ho condiviso con te gli anni della mia maturità. Non vedo come potrebbe essere altrimenti. Un aiuto diverso? Macché. Il tempo, il tempo... "al tempo", come nelle partenze. Tutto qui.»
Domenica in regata. Sotto la pioggia. La pioggia sull'acqua toglie ogni altro suono. Quando il vento la porta sul viso, quasi impedisce di vedere; fa digrignare i denti, e stringere le palpebre. Secondo. Nella bonaccia, o quasi. E poi via, a caricare, e a cambiarsi con il lago a quel punto increspato da Nord a Sud e le gocce ancora sulle spalle e sui capelli e giù sulla borsa e le scarpe.
Guidando verso casa, non pensavo a niente. Assecondavo la strada, e il motore.
Pian piano.
Pian piano.
3 commenti:
un abbraccio. salutami londra.
Buon viaggio.
Ehi, vagabondo... hai un invito!
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