[Le premesse (prima e seconda, non filosofica) sono lì a far passare il tempo. Il resto si espone compostamente.]
martedì 28 ottobre 2008
martedì 21 ottobre 2008
Occupazione del rettorato
mercoledì 15 ottobre 2008
Una questione di classe
Stamattina ho assistito ad uno spezzone di dialogo sulla geniale idea di creare delle classi ponte, ossia della classi d'inserimento, alle elementari, per bambini stranieri.
Percorsi speciali per i bambini extracomunitari.
Arrivano, fanno un test; e, se non lo superano, vengono separati dal resto dei loro coetanei. Seguono, per un periodo piuttosto lungo, un percorso separato. Una specie di anticamera che consenta poi di entrare in contatto con i bimbi indigeni.
Lo so per esperienza, anche se non diretta: l'inserimento di un bambino o di un ragazzo straniero, che non parla italiano, è difficile. Lo è per lui, lo è per i compagni, lo è per gli insegnanti. Mio padre, mia madre hanno speso, e spendono ancora oggi, fatica e amore per consentire un difficile, ma giusto, inserimento. Costa fatica. Ma è l'unica strada per la reale integrazione.
Integrazione, ovviamente; non tolleranza.
Ed oltre a questo, l'unico modo per imparare una lingua straniera (e non solo l'italiano) è, a mio avviso, il suo esercizio continuo, nel contatto con gli altri. Il confronto, l'esigenza. Al paradosso: che razza di linguaggio può imparare un cinese che parla con un moldavo?
Queste facce ciarlano di danno per i bimbi italiani. Come se i figli dei bravi leghisti, poi, ed in primis di quel disgustoso Matteo Salvini, sapessero parlare veramente italiano; intrisi come sono di dialettalismi, accenti, e poveri, per contro, nel vocabolario...
Ciarlano e ciarlano. Il danno della divisione, non lo sanno calcolare.
E non mi vengano a parlare di criminalità, poi. Dove c'è disagio, dove c'è degrado, dove c'è esclusione: è là che si creano la violenza e il male.
Percorsi speciali per i bambini extracomunitari.
Arrivano, fanno un test; e, se non lo superano, vengono separati dal resto dei loro coetanei. Seguono, per un periodo piuttosto lungo, un percorso separato. Una specie di anticamera che consenta poi di entrare in contatto con i bimbi indigeni.
Lo so per esperienza, anche se non diretta: l'inserimento di un bambino o di un ragazzo straniero, che non parla italiano, è difficile. Lo è per lui, lo è per i compagni, lo è per gli insegnanti. Mio padre, mia madre hanno speso, e spendono ancora oggi, fatica e amore per consentire un difficile, ma giusto, inserimento. Costa fatica. Ma è l'unica strada per la reale integrazione.
Integrazione, ovviamente; non tolleranza.
Ed oltre a questo, l'unico modo per imparare una lingua straniera (e non solo l'italiano) è, a mio avviso, il suo esercizio continuo, nel contatto con gli altri. Il confronto, l'esigenza. Al paradosso: che razza di linguaggio può imparare un cinese che parla con un moldavo?
Queste facce ciarlano di danno per i bimbi italiani. Come se i figli dei bravi leghisti, poi, ed in primis di quel disgustoso Matteo Salvini, sapessero parlare veramente italiano; intrisi come sono di dialettalismi, accenti, e poveri, per contro, nel vocabolario...
Ciarlano e ciarlano. Il danno della divisione, non lo sanno calcolare.
E non mi vengano a parlare di criminalità, poi. Dove c'è disagio, dove c'è degrado, dove c'è esclusione: è là che si creano la violenza e il male.
Carteggi
Pur essendo abbastanza giovane, mi sono ormai abituato a ricevere per posta buste sulle quali il mio nome è preceduto dall’ufficialissima abbreviazione “dott. ing.”. Dirò di più: sono di solito incuriosito, a priori, da questa quasi kafkiana categoria di buste. Solitamente, infatti, il loro contenuto riguarda improbabili offerte di lavoro al limite del decoro e della legalità, o costosi (per il destinatario, ovviamente) corsi di formazione. A onor del vero, la mia curiosità viene raramente frustrata, ed anzi spesso si trasforma in divertito sbigottimento.
Anche stamattina ho avuto la mia buona soddisfazione: la busta non ha tradito la tradizione.
Mi è stata inviata dall’ing. Fiorenzo Ceccato, consigliere comunale a Besenello e candidato alle prossime elezioni provinciali. Conteneva una lettera e un pieghevole, entrambi evidentemente indirizzati a me, entrambi riportanti le stesse informazioni circa la prossima candidatura del suddetto ingegner Ceccato.
Di primo acchito, mi sono domandato perché l’ingegner Ceccato avesse scelto, fra i destinatari del suo impegno, proprio il cosiddetto dott. ing. Facchini, e come fosse entrato in possesso del suo indirizzo. La risposta era ovvia: l’indirizzo medesimo, ossia il mio indirizzo, è pubblicato, accanto al mio nome e ad altre informazioni, sul sito dell’Ordine degli Ingegneri del Trentino - Alto Adige. Ah! Ed ecco dunque spiegato anche perché il collega si rivolgesse, con la sua lettera, “Ai colleghi liberi professionisti della Provincia di Trento”. Dapprima ho trovato fuori luogo, di cattivo gusto, volgare il ricorso all’indirizzario pubblico dell’Ordine per scopi elettorali. Poi ho guardato con indulgenza alla buona volontà di un collega fra i colleghi. Ho perciò deciso di fare la conoscenza, seppur in versione cartacea, del collega stesso, leggendo la lettera e sfogliando il pieghevole.
Ho evinto che l’ingegner Ceccato chiede il Nostro aiuto e vuole alcune cose.
Di più: ho appreso da una foto riportata in quarta di copertina che il collega, nel 1995, ha stretto la mano a Papa Giovanni Paolo II. Non sembra un fotomontaggio. Perciò me ne compiaccio e me ne allieto, pur non capendo come questo possa essere rilevante ai fini della campagna elettorale.
Qui giunge il colpo di scena. Avvolto e vinto da buone sensazioni, mi sento portato a esagerare; decido di aiutare l’ingegner Ceccato, come lui stesso chiede, e di suggerirgli di inserire altre immagini che lo ritraggano in pose vicine alla sensibilità dell’elettorato: sorridente su una pista da sci, in distilleria, ad una partita di pallavolo.
Immagini forti a supporto dei valori e delle volontà che l’ingegnere mi ha corrisposto in duplice copia: il “rifiuto della politica clientelare” e dei favori ai “soliti noti”, per esempio, e quindi delle pratiche un tempo care, fra gli altri, al dott. Malossini ed al suo amico e finanziatore, Fabrizio Collini; o il desiderio, ammirevole, di “un Trentino dove un professionista non sia costretto a violare il codice penale per ottenere un incarico pubblico” (sono sicuro che non si tratti di una candida ammissione).
Oggi, finalmente, mi sento parte di qualcosa. Ma non so bene cosa. Un gruppo di colleghi, credo. Non vedo l’ora che si voti.
Anche stamattina ho avuto la mia buona soddisfazione: la busta non ha tradito la tradizione.
Mi è stata inviata dall’ing. Fiorenzo Ceccato, consigliere comunale a Besenello e candidato alle prossime elezioni provinciali. Conteneva una lettera e un pieghevole, entrambi evidentemente indirizzati a me, entrambi riportanti le stesse informazioni circa la prossima candidatura del suddetto ingegner Ceccato.
Di primo acchito, mi sono domandato perché l’ingegner Ceccato avesse scelto, fra i destinatari del suo impegno, proprio il cosiddetto dott. ing. Facchini, e come fosse entrato in possesso del suo indirizzo. La risposta era ovvia: l’indirizzo medesimo, ossia il mio indirizzo, è pubblicato, accanto al mio nome e ad altre informazioni, sul sito dell’Ordine degli Ingegneri del Trentino - Alto Adige. Ah! Ed ecco dunque spiegato anche perché il collega si rivolgesse, con la sua lettera, “Ai colleghi liberi professionisti della Provincia di Trento”. Dapprima ho trovato fuori luogo, di cattivo gusto, volgare il ricorso all’indirizzario pubblico dell’Ordine per scopi elettorali. Poi ho guardato con indulgenza alla buona volontà di un collega fra i colleghi. Ho perciò deciso di fare la conoscenza, seppur in versione cartacea, del collega stesso, leggendo la lettera e sfogliando il pieghevole.
Ho evinto che l’ingegner Ceccato chiede il Nostro aiuto e vuole alcune cose.
Di più: ho appreso da una foto riportata in quarta di copertina che il collega, nel 1995, ha stretto la mano a Papa Giovanni Paolo II. Non sembra un fotomontaggio. Perciò me ne compiaccio e me ne allieto, pur non capendo come questo possa essere rilevante ai fini della campagna elettorale.
Qui giunge il colpo di scena. Avvolto e vinto da buone sensazioni, mi sento portato a esagerare; decido di aiutare l’ingegner Ceccato, come lui stesso chiede, e di suggerirgli di inserire altre immagini che lo ritraggano in pose vicine alla sensibilità dell’elettorato: sorridente su una pista da sci, in distilleria, ad una partita di pallavolo.
Immagini forti a supporto dei valori e delle volontà che l’ingegnere mi ha corrisposto in duplice copia: il “rifiuto della politica clientelare” e dei favori ai “soliti noti”, per esempio, e quindi delle pratiche un tempo care, fra gli altri, al dott. Malossini ed al suo amico e finanziatore, Fabrizio Collini; o il desiderio, ammirevole, di “un Trentino dove un professionista non sia costretto a violare il codice penale per ottenere un incarico pubblico” (sono sicuro che non si tratti di una candida ammissione).
Oggi, finalmente, mi sento parte di qualcosa. Ma non so bene cosa. Un gruppo di colleghi, credo. Non vedo l’ora che si voti.
sabato 11 ottobre 2008
Questa sera ho perso una giacca ed un treno.
Sono sceso, sono sceso senza. E me ne sono accorto, e sono tornato indietro, di corsa, nello stesso vagone. Ma non era lo stesso vagone, perché quello non era lo stesso binario. Così il treno vero, sul binario giusto, m'è partito sotto il naso. E mentre un ferroviere inseguiva la mia giacca su un treno per Milano, io ho perso il secondo treno, per coincidenza.
Sconsolato, ho riso e ne ho semplicemente approfittato per mezz'ora di lettura in più.
Sconsolato, ho riso e ne ho semplicemente approfittato per mezz'ora di lettura in più.
giovedì 2 ottobre 2008
Non credo in Dio, ma credo nella Chiesa
«L'invertitore semantico non è un una nostra esclusiva.
Ieri, seguendo un'indicazione del blog Wittgenstein, sono arrivato a un altro blog che a quanto pare è in rete da pochi giorni. E' perfettamente anonimo, i post sono firmati con il nickname "alfb"; si intitola "luoghi comuni al contrario" e ha un sottotitolo che mi sembra grandemente esemplificativo del senso dell'operazione: "Una volta qui era tutta città" (http://luoghicomunialcontrario.wordpress.com/).
Il sottotitolo ribalta il famoso "Una volta qui era tutta campagna", che è stato anche il titolo di un libro di Fabio Fazio, scritto usando esclusivamente luoghi comuni. Non penso però che Fazio sia l'autore del blog.
Ogni post del blog è una semplice frase, che esprime l'esatto contrario, o meglio l'esatto contraddittorio, di un luogo comune.
A volte basta togliere o aggiungere un "non", come in "Premetto che sono razzista" (il post di ieri).
A volte, bisogna sostituire una parola come in "Una volta qui era tutta città".
A volte, bisogna invertire due membri della proposizione, come in "Non credo in Dio, ma credo nella Chiesa" (che tra l'altro dice qualcosa di molto più vero e comune del luogo comune contrario).
A volte, il risultato è un po' banale; a volte, è geniale: è il caso di "Gli albini hanno la musica nel sangue".
Come bibliografia si potrebbe suggerire a chi ha aperto il blog un saggio di Umberto Eco sull'aforisma, in cui il semiologo usa il metodo del ribaltamento per distinguere aforismi e paradossi, con applicazioni su Pitigrilli e Oscar Wilde (ora lo si legge in Sulla letteratura, Bompiani).
Non propongo a voi, invece, di riprendere il gioco, perché non mi piace piratare i giochi altrui e mi dà fastidio quando qualcuno prende i giochi da qui e li gioca in altri siti. Se vi vengono degli esempi, mandàteli direttamente al blog. Che vengano è inevitabile: io oggi direi "In fondo Mussolini ha fatto anche molte schifezze"»
(S. Bartezzaghi, "Lessico e nuvole", Repubblica on-line, 2 ottobre 2008)
Ieri, seguendo un'indicazione del blog Wittgenstein, sono arrivato a un altro blog che a quanto pare è in rete da pochi giorni. E' perfettamente anonimo, i post sono firmati con il nickname "alfb"; si intitola "luoghi comuni al contrario" e ha un sottotitolo che mi sembra grandemente esemplificativo del senso dell'operazione: "Una volta qui era tutta città" (http://luoghicomunialcontrario.wordpress.com/).
Il sottotitolo ribalta il famoso "Una volta qui era tutta campagna", che è stato anche il titolo di un libro di Fabio Fazio, scritto usando esclusivamente luoghi comuni. Non penso però che Fazio sia l'autore del blog.
Ogni post del blog è una semplice frase, che esprime l'esatto contrario, o meglio l'esatto contraddittorio, di un luogo comune.
A volte basta togliere o aggiungere un "non", come in "Premetto che sono razzista" (il post di ieri).
A volte, bisogna sostituire una parola come in "Una volta qui era tutta città".
A volte, bisogna invertire due membri della proposizione, come in "Non credo in Dio, ma credo nella Chiesa" (che tra l'altro dice qualcosa di molto più vero e comune del luogo comune contrario).
A volte, il risultato è un po' banale; a volte, è geniale: è il caso di "Gli albini hanno la musica nel sangue".
Come bibliografia si potrebbe suggerire a chi ha aperto il blog un saggio di Umberto Eco sull'aforisma, in cui il semiologo usa il metodo del ribaltamento per distinguere aforismi e paradossi, con applicazioni su Pitigrilli e Oscar Wilde (ora lo si legge in Sulla letteratura, Bompiani).
Non propongo a voi, invece, di riprendere il gioco, perché non mi piace piratare i giochi altrui e mi dà fastidio quando qualcuno prende i giochi da qui e li gioca in altri siti. Se vi vengono degli esempi, mandàteli direttamente al blog. Che vengano è inevitabile: io oggi direi "In fondo Mussolini ha fatto anche molte schifezze"»
(S. Bartezzaghi, "Lessico e nuvole", Repubblica on-line, 2 ottobre 2008)
mercoledì 1 ottobre 2008
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