mercoledì 24 aprile 2013


«Maggior generale?» diceva, commiserandosi. E l'umore gli peggiorò: pensò con l'amaro in gola a tanti altri, incomparabilmente meno geniali e meno anziani di lui, teste di cazzo di prima scelta, diceva lui, che avevano già due righe sopra la greca. Egli, almeno, il dover suo l'aveva fatto sempre con ogni scrupolo: tutte le circolari di servizio in arrivo venivano distribuite con puntualità «a tutti i reparti dipendenti», in busta gialla, con i timbri richiesti dalle circostanze: la disciplina non potevano certo lamentarsi: disertori due, in tre mesi, licenze speciali sette od otto, casi di tifo una quarantina a far tanto, i capelli rasi a macchina, trentacinque barbieri al lavoro: che pretendevano di più? Che sparasse lui la mitraglia? Che «avesse dell'iniziativa» quando gli comandavano di star fermo e di tener duro, coi suoi quattro reggimenti sepolti e impastati nella melma delle por fosse?
Altro che una divisioncella ci voleva, per sfondar Cecco Beppe. E d'altra parte, vediamo un po', i suoi ordini eran chiari, ponderati e innocui: i contrordini pronti, circostanziati e superflui.

(C.E. Gadda, "La meccanica")

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