Albuquerque (pronuncia: alboucherchi) è la memoria da luna park di indiani e aztechi che non esistono più.
Arrivando dal cielo, il rosso vivo del deserto, sferzato da vento e nubi, è proprio quello che ci si può, ci si deve aspettare. Persino il mio vicino, americano che più non si può, guarda fuori dal finestrino.
L'aeroporto e l'hotel sono carichi di arazzi e intarsi simil-messicani di indubbio gusto kitsch. Gli arredamenti sono da avamposto di confine senza troppa convinzione.
Mangiamo, tardi, e avanziamo, un hamburger con patatine da Denny. Non servono birra. Un uomo con i capelli lunghi, grigi, ed una maglietta di un fantomatico "easy rider rodeo tour 2006" beve da una tazza e discute del cibo con una cameriera.
Chissà se davvero non desiderano altro; se davvero è solo nostra l'ambizione di qualcosa di più. È solo un vizio sociale, eredità della nostra millenaria, intricata, ansiosa, dolce e violenta storia? [...]
Tornando all'hotel, evitiamo di poco un coniglio grigio che attraversa con disinvoltura la strada. Avesse avuto l'orologio, questo sarebbe il paese delle meraviglie.
1 commento:
Non servono birra? Opperò.
Vogliamo anche le foto...
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