giovedì 30 gennaio 2014

I tratti slavi erano più accentuati, su quel letto di qualche ora: gli zigomi più alti, gli occhi più tagliati. Gli occhi chiusi.
Tutte le cose che mi vengono in mente. Il contegno arcigno che non era vero. La casa di Sant’Alessandro e la scala di legno; il giardino, noi in veranda. Le caramelle nascoste nel mobile della sala, che io trovavo (ma mica ne prendevo più di due o tre). La televisione dal divano girato dalla parte opposto, arrampicato, il sabato sera: i Puffi, il Drive In, e poi Didomenica. Buck e Cooper. La mamma sui gradini ed i grandi cambiamenti: una specie di adolescenza lunga, quasi rubata prima e poi durata tutta la vita. I cappelli pelosi e lo sguardo severo quando li mettevamo noi. La mano per grattare la schiena, come di Fatima, conservata insieme al calzascarpe. La determinata, cocciuta, generosa perseveranza. Le tue preghiere per noi: chissà cos’hanno fatto; per me ci hanno stretto al tuo pensiero, che ci ha avvolti.
La tua borsa marrone, lì in terra, stamattina. I vestiti che la mamma ti ha messo ai piedi del letto. Intonati, mi sembrava. Le lacrime silenziose di papà. Le mie, lente, adesso.

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