Dice Bocchino, commentando il voto di Futuro e Libertà, contro il governo, su tre emendamenti riguardanti il trattato Italia-Libia: «Abbiamo detto che abbiamo le mani libere…».
Libere: si fa per dire. Dove erano i signori di Futuro e Libertà sei mesi fa, quando il governo si muoveva con disinvoltura su talune cose (essenziali solo per il presidente) e stava immobile su altre (fondamentali)? "Dov'eri, Adamo?". C'era forse bisogno dell'interprete? O dobbiamo accogliere quest'ultimo sussulto democratico come una presa di coscienza della propria ignavia pregressa? Sarebbe, nel caso, un'ammissione di colpa davvero onorevole.
Ma questa frizzante commedia romantica tra ex amanti ricorda allegramente il "Berlusconi mafioso" e il "Mai più col signor Bossi" di quindici anni fa.
«Dobbiamo far capire a Berlusconi che senza i voti Fini non va da nessuna parte», dice Bocchino. Questa è la realtà. Ed ha il sapore ricattatorio dell'avvertimento. Probabilmente il prologo ad un mercanteggiamento.
Delle due, infatti, l'una: o Fini gonfia il petto per portare a casa, in una sorta di bluff, in piatto che sia il più ricco possibile, al tavolo del Grande Capo; oppure l'ex missino crede veramente, in barba pure al porcellum, di poter governare senza Berlusconi (e senza sinistra, of corse).
Siccome il Partito Democratico nemmeno alita più, in tanti, all'opposizione, aspettano i movimenti (sociali?) di Fini come il vaticinio del profeta.
Qualcun altro, invece, teme i brividi delle profezie.
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