Se il mio amico venisse aggredito e picchiato a sangue perché "andava troppo forte", ora piangerei.
Se il mio compagno venisse preso a calci mentre è a terra, inerme, perché ha investito un cane, ora piangerei.Se a mio padre venissero lesionati la milza e un polmone perché è sceso dalla sua auto spaventato, ora piangerei.
Se mio figlio venisse mandato in coma perché ha incontrato un tizio che si sente un giustiziere, ora piangerei.
Se mio figlio, mio padre, il mio compagno, il mio amico - se uno di loro riducesse in fin di vita, per le botte, un altro uomo, io ora piangerei.
Non ho fratelli né padri che farebbero una cosa del genere, e non ho amici o compagni cui è capitato questo; eppure prima ho quasi pianto.
Perché ben oltre le responsabilità, i fatti accertati e da accertare, le provocazioni, l'accecamento della rabbia, molto prima di tutto questo e molto più in là, c'è una terra massacrata dal dolore. Giornaliero. Dalla paura. Dalla violenza che dalla paura è generata. Dalla quotidianità della prepotenza.
Una terra spaventosa.
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