E si sorride lo stesso, nonostante lo sconforto alle porte. Giusto per non uscirne sconfitti: perché anche uscirne sconfitti sarebbe ingiustificato e ingiusto.
La sofferenza, la malattia e il dolore fanno parte del gioco. Come mangiare, lavorare, fare l'amore, correre, essere stanchi, essere felici. Tutto dentro il lampo di qualche decennio; anno più, anno meno, secondo fortuna e possibilità.
Sono una casella. (Restasse vuota, non ci si lamenterebbe.) Spesso piena. Piena poco. Piena a metà. Tutta piena; prima di svuotarsi e di riempire quella degli altri, sopra o sotto la metà.
Non conosco altro modo di affrontarli che con fermezza e pazienza. Lucidità e determinazione, come un gesto d'amore.
Più complicato è sopportare la complessa banalità che spande d'attorno – che ricopre di ridicolo il ridicolo, e d'inutilità l'inutile. Perché è scricchiolante e fa venire male alla mandibola. Porta stanchezza e la voglia, per un istante, di mollare tutto. Questo non capiranno mai, i selvatici con l'occhio nero o i nani in cerca di una guida. Questo non capiranno mai i puntini sul selciato.
Poi non si molla, e anzi – Lucidità e pazienza – e si sorride ed è un gesto d'amore.
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