Non mette la parola fine proprio a nulla, ma la sentenza depositata dal giudice Protopisani sulle responsabilità dei ministeri della Difesa e dei Trasporti per la strage di Ustica è comunque un bel passo avanti. Perché respinge le ipotesi bombarole (sospetto depistaggio per scagionare, tanto per cambiare, gli U.S.A.) e indirizza piuttosto lo sguardo verso responsabilità (dei militari statunitensi o francesi) e complicità (dei militari italiani e dei membri del governo di allora, in primis Formica e Cossiga).
Scrive il Corriere del Mezzogiorno: «Il Tribunale, ricostruendo i fatti accaduti la sera del 27 giugno 1980, ha ritenuti responsabili i ministeri per non avere garantito la sicurezza del volo civile della compagnia aerea Itavia, ma anche per l'occultamento della verità con depistaggi e distruzione di atti».
Il DC-9 l’ha abbattuto un missile. Il solito irresponsabile war game ha causato ottantuno morti. E il governo democristiano di Cossiga ha sepolto tutto sotto l’ombra di timori reverenziali e, peggio, accordi scellerati.
Questa non è la parola fine. Ma almeno è una parola.
A proposito di parole: “auspicare” è un verbo transitivo: “si auspica vivamente che”, non “ci si auspica vivamente che”. Sbaglia quindi il pur ottimo avvocato Osnato (che evidentemente non è un linguista: ma un brav’uomo probabilmente sì).