martedì 30 marzo 2010

Bienvenidos a Argentina

«Paese di terra terra di cani,
Paese di terra e di polvere.
Paese di pecore e pescecani
e fuoco sotto la cenere.
Dentro le stanze del Potere l'Autorità
va a tavola con l'anarchia,
mentre il ritratto della Verità si sta squagliando
e la vernice va via;
e il Pubblico spera che tutto ritorni com'era:
che sia solo un fatto di tecnologia.
E sotto gli occhi della Fraternità
la Libertà con un chiodo tortura la Democrazia.
Paese di terra terra di fumo,
paese di figli di donne di strada;
e dove se rubi non muore nessuno,
e dove il crimine paga.
C'è un segno di gesso per terra
e la gente che sta a guardare:
qualcuno che accusa qualcuno,
però lo ha visto solamente passare.
E nessuno ricorda la faccia del boia:
è un ricordo spiacevole.
E resta soltanto quel segno di gesso per terra
però non c'è nessun colpevole.
Paese di zucchero, terra di miele,
Paese di terra di acqua e di grano,
Paese di crescita in tempo reale
e piani urbanistici sotto al vulcano;
Paese di ricchi e di esuberi
e tasse pagate dai poveri
e pane che cresce sugli alberi
e macchine in fila nel sole;
Paese di banche, di treni, di aerei, di navi
che esplodono ancora
in cerca d'autore,
Paese di uomini tutti d'un pezzo
che tutti hanno un prezzo
e niente c'ha valore.
Paese di terra, terra di sale
e valle senza più lacrime;
giardino d'Europa, stella e stivale,
papaveri e vipere e papere.
Dov'è finita la tua dolcezza famosa tanto tempo fa?
È chiusa a chiave dentro la tristezza
dei buchi neri delle tue città?
Chissà se davvero esisteva una volta, o se era una favola,
o se tornerà.
E però se potessi rinascere ancora
preferirei non rinascere qua.»

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