martedì 28 aprile 2009

Souvenir in London

Giovedì vado a Londra.
A zonzo.
Sulla spiaggia.
Volo via.

«Oggi è il compleanno della tua nonna. Le ho portato una pianta. Lei mi ha regalato caramelle (Elah 900; ci pensi?) e soldi – come sempre. È incorreggibile. Abbiamo parlato di te, della pioggia e del freddo, della mia moto, degli alunni di mia madre, dei suoi vecchietti che sfama, di Torino, delle ciliegie, e ancora di te. Non la dimenticare. Me lo dice sempre. E come potrei?»

«Lo sguardo. Il tuo sguardo. E come potrebbe non essere nel mio? Ho condiviso con te gli anni della mia maturità. Non vedo come potrebbe essere altrimenti. Un aiuto diverso? Macché. Il tempo, il tempo... "al tempo", come nelle partenze. Tutto qui.»

Domenica in regata. Sotto la pioggia. La pioggia sull'acqua toglie ogni altro suono. Quando il vento la porta sul viso, quasi impedisce di vedere; fa digrignare i denti, e stringere le palpebre. Secondo. Nella bonaccia, o quasi. E poi via, a caricare, e a cambiarsi con il lago a quel punto increspato da Nord a Sud e le gocce ancora sulle spalle e sui capelli e giù sulla borsa e le scarpe.
Guidando verso casa, non pensavo a niente. Assecondavo la strada, e il motore.
Pian piano.
Pian piano.
In un Paese nel quale i Baustelle sono largamente apprezzati, la speranza si affievolisce.

domenica 19 aprile 2009

Mi riempiono occhi e naso. Pensieri e ricordi, tutti insieme.
Di quando sono arrivato a Padova in treno. E pioveva. Ed io avevo deciso di non portare ombrello, di arrangiarmi con mantella e cappello impermeabile. Ma la pioggia era un muro, fuori dalla stazione, ed io non potevo aspettare. Ed ho dovuto strizzare i pantaloni, una volta arrivato, ed ho passato tutto il giorno con le pozzanghere nelle scarpe.
Dei pranzi seduto alla tua destra. Tu eri a capotavola, e ti accarezzavo con lo sguardo e tu sorridevi ed eri bellissima. Non posso giurarci, ma credo di ricordare anche ciò che abbiamo mangiato, quasi in ogni singolo pasto.
Della Panda rossa parcheggiata in Prato della Valle. La Panda rossa che volevi fare diventare una coccinella (e a me non pareva una buona idea). La Panda rossa che ci ha portati a Bologna: tu guidavi ed io ti fotografavo con la macchina e con gli occhi.
Del parco Iris e dei progetti. Il mio lavoro qui o là. Casa insieme.
Del 24 settembre, del sole che c’era quella mattina, la mattina dell’ultima passeggiata. Del caffè speciale con la menta. Della cintura, la cintura che porto sempre, marrone di qua, nera di là – comprata all’ultimo momento (perché mi sarebbe servita a Ferrara), ma con la tua solita calma.
Di Neil Young che ti cantavo in camera ed i Jethro Tull ad Azzano (ti ricordi che acquazzone?) e la grandine di Mestre e i Procol Harum – dov’erano, i Procol Harum? In quella specie di festa campestre, dove nemmeno era buio quando hanno iniziato a suonare.
Della tua stanza di prima con i nostri oggetti, e della tua stanza di dopo con i nostri oggetti.
E di prima.
Del tandem, e di quella gita meravigliosa con tutte quelle biciclette, sul Bacchiglione.
Di film durante i quali ti addormentavi, ma che volevi a tutti i costi vedere con me. E dell'Excelsior; e di via Santa Lucia.
Delle passeggiate lungo il Piovego, nelle sere tiepide.
Di Trento.
Del mare, e dei nostri sguardi intorno.
Mi manchi, accidenti, mi manchi.

Titolo: i King Crimson devono molto a Greg Lake.

«La mia isola è fatta di uomini col cappello. Uomini dal cuore buono, uomini buoni CON il cappello. Buoni (solo) a portare il cappello. Portati per il cappello. Frotte di omini pelati, baffuti, con bombetta e ventiquattro ore, in fila per sei senza resto, cioè senza zecchini d’oro. Né gettoni. Bombette, ok; e poi tube da banchiere ai tempi di Dickens e colbacchi di volpe alla Devi Crockett; si è aperta la stagione della caccia al banchiere. Sia aperta la stagione della caccia al banchiere. Concorda, Robinson? S’intende, tutta gente per bene: sotto il cappello c’è la testa, e poi tutto il resto: mani, piedi... tutto, insomma, tutto il necessario per portare in giro il cappello senza sembrare dei semplici padroni di animali in forzosa uscita mattutina. Anche perché il cappello, grazie al cielo o a chi per esso, non fa pipì per la strada, bensì attende educatamente il rientro a casa. E fa pipì sempre da seduto, a meno che per “casa” non si intenda l’autogrill. È naturale: anche il cappello prova ribrezzo. Sia Fini o Alemagna, o qualcuno del Movimento. Sociale, beninteso.
Ci sono anche i bambini (e come potrebbero mancare?). Anche i bambini hanno il cappello, ma non come Oliver Twist. I bambini dell’isola hanno gli stessi cappelli dei loro genitori, ovvero la tuba, il colbacco peloso e così via. I bambini dell’isola si chiamano tutti Robinson e sono molto ubbidienti; ubbidiscono ai dettami dei loro fiscali genitori.
Ecco, la mia isola è un paradiso fiscale ma anche naturale, nel senso che ci sono un sacco di animali, piante e altre cose naturali interessanti che ora non ricordo; ma poi – a parte questo – è naturale (naturale) che le tube di Dickens (che ovviamente non è Falloppio, né un bluebeater) possano beneficiare di un certo tipo di gestione patrimoniale. Ne va della salute delle volpi da colbacco e probabilmente anche della regolamentazione della stagione venatoria. Perciò il dato saliente è la naturalità dell’esistenza dei paradisi fiscali. Buh Isole Galapagos, Yeah Cayman. Caymano delle Cayman mangia tartarugona gigante, lentissima e noiosa, e poi fa un piccolo rutto di soddisfazione, che come dicono in Cina è lecito ed è cortesia. Di più: Caymano della Cayman vince uno a zero, scommette sulla sua vittoria, diventa ricco e si mangia il proprio denaro. Lo investe in Cina, senza fargli male. E poi?

Per inciso: che razza di futuro può avere un’isola fatta di uomini col cappello? È un’isola che esploderà tra cinque anni, per volontà di qualche vulcano con la tisi. O che verrà spazzata via, onda su onda, come i surfisti, sebbene gli squali non li avranno mai. O disabitata, lentamente, da gente insulsa che preferisce la terraferma, “Amici” e i Casinò Royale. Bella forza, criticare i Jalisse. Criticare i Jalisse e osannare i Casinò Royale. Criticare e osannare. Criticare. Osannare. Vabbè.

Dicevamo. Un’isola di uomini col cappello non può conoscere la tenerezza. Che dolce naufragar ci può essere nel mare un po’ unticcio della fodera di una bombetta? Personalmente, non ci metterei neppure un pesce rosso, e non solo per la tendenza della specie al suicidio.
Ad ogni modo, la mia è un’isola fatta di uomini col cappello sulla quale non esiste Alessandro Baricco. E quindi, di conseguenza, niente Iliade, né Odissea. Un po’ di oceano, un po’ di mare, quello sì. Ed anche Robinson.

Robinson, dove diavolo sei, cialtrone barbuto? Piantala di confondere i giorni della settimana. Piantala di confonderci. Hai cercato la tua avventura nel naufragio, o piuttosto in qualche potente allucinogeno? O in una esagerazione di lassativi?
Ti sei lavato la faccia e la fronte, Mr. Robinson, prima di indossare il tuo cappello? Ti sei pettinato i capelli?
(E perché mai un simile barbaro dovrebbe indossare un cappello? Solo per dimostrare la sua appartenenza all’isola?) Forse perché gli piace vincere facile.
Ti piace vincere facile. Capellone nudista. Vai a fare il bagno in piscina con Dustin Hoffman, con le pinne e le bombole sulla schiena, accompagnato da quel rumore ad ogni respiro (wouw... wouw... wouw...) e dagli applausi degli invitati. E da signore borghesi in cerca di avventure. Ah, lo spirito d’avventura!
Robinson Crusoe, sei diventato principe dei calendari.
Dopo domenica è Venerdì. Un giorno di santi nati sulle ceneri, come l’araba Fenice bruciata a Venezia e poi ricostruita in mezzo alle polemiche, ai ponti di vetro e a biblici Mose. Un giorno di fardelli dell’uomo bianco messi a mollo come esca per il pesce che ti vuoi pappare.
Piantala, Robinson, di contare i giorni della settimana solo per avere un po’ di compagnia.
Robinson, vieni qui a prenderti la sculacciata che meriti. Proprio come gli altri bambini.»

sabato 18 aprile 2009

Il tuo sguardo nel mio - V

Attenti al 105.

Sassi al margine.

Chiuse o serrande; serrate - II.

Su; ma dove?

Avanti, è aperto.

Sospesa a un filo.

Lettere per nessun posto.

...e aprimmo al pianto/le finestre del dolore...

Infanzia.

venerdì 17 aprile 2009

Poesia

«Alessandro Baricco
è un vero poeta:
arrangia le parole
come merda a seccare sul balcone.

Ho letto
un libro di troppo.»

("Aprile, non ti scoprire")

sabato 11 aprile 2009

Lettura guidata

A E I O U prova prova prova ...ssssì ...ssssì ...ssssì prova prova

Leggiamo: il mistero del catasto, c'è voglia di ricostruire, la cronaca delle esequie, raggiunto un milione di euro, mangia 51 peperoncini in 2 minuti, mette a disposizione tre sue case, contende il vestito di Gilda, si è spostata di 15 cm, uccide a coltellate il figlio ventunenne - "Papà non ti darò più fastidio", ha 130 anni e ancora canta, nessun rapporto con chi sequestra (ma andate a cagare, voi che sequestrate e seviziate la vita), schiera le navi USA, la Via Crucis è su Twitter, sono un uomo del passato, il concerto si farà, Jennifer Lopez sta a guardare; la miglior discoteca al mondo è a Berlino.

Schiacciati con il naso per terra o a tre metri dal suolo, ci sarà pur sempre un filo, no? Sul quale stare sospesi, al quale aggrapparsi; un filo da raggomitolare o da stendere, con o senza nodi, con o senza pettini, con o senza Penelope.
Il filo resta, per quanto possiamo essere fragili, precari; per quanto possiamo perdere l'equilibrio. Per quanto grande e realistica possa essere la paura di perdere il filo.

O no?

Helpless - II



There is a town in north Ontario,
With dream comfort memory to spare,
And in my mind
I still need a place to go,
All my changes were there.

Blue, blue windows behind the stars,
Yellow moon on the rise,
Big birds flying across the sky,
Throwing shadows on our eyes.
Leave us

Helpless, helpless, helpless
Baby can you hear me now?
The chains are locked
And tied across the door,
Baby, sing with me somehow.

Blue, blue windows behind the stars,
Yellow moon on the rise,
Big birds flying across the sky,
Throwing shadows on our eyes.
Leave us

Helpless, helpless, helpless.

(N. Young)

mercoledì 8 aprile 2009

«Sa cosa stavo pensando? Io stavo pensando una cosa molto triste, cioè che io, anche in una società più decente di questa, mi ritroverò sempre con una minoranza di persone. Ma non nel senso di quei film dove c'è un uomo e una donna che si odiano, si sbranano su un'isola deserta perché il regista non crede nelle persone. Io credo nelle persone. Però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre d'accordo e a mio agio con una minoranza...»
(N. Moretti, "Caro diario")

martedì 7 aprile 2009

sabato 4 aprile 2009

Il tuo sguardo nel mio - IV

Go West.

Ponti.

Appoggio.

Accesso al divieto del cortile.

giovedì 2 aprile 2009

25.03.09 Lauree.

Punti d'equilibrio.

Black flag singin' in the dead of night.

La parabola di Luca.