venerdì 25 luglio 2008

Date il mio stipendio al dio dei ladri

Non è tutto oro quel che luccica.
Non è tutto rotto quel che scricchiola.
L'oro scricchiola?

Non è tutto oro quel che conta.
Non tutto quel che conta scricchiola.

Suggerisce la consueta rubrica di Bartezzaghi: «Ricucire nani». Bisogna essere dottori, magari in medicina; appassionati di ago e filo; infibulatori; giganti invidiosi; o appassionati di enigmistica.

Qualche giorno fa, il Tg2 ha proposto un sevizio di costume. Nuova moda: la tuta da operaio. Perciò, mentre Gian Maria Volontè armeggiava sul suo cottimo, e forse Cipputi la considerava sempre più fitta, modelli e modelle, con un chiaro passato/futuro da metalmeccanici, sfilavano lasciando affiorare il petto da lunghe tute blu. "La tuta fuori e dentro la fabbrica". Perché no? Se l'umiliazione non smette, fuori, la tuta non può che far sentire a casa. Bisogna solo fare un po' di palestra, farsi crescere lunghe frange bionde o grandi seni sodi.
Nel frattempo, passavano in sottofondo, altrove, le immagini di "Giù al Nord", da Craxi in qui. E di Dubcek sorridente, desolato, malato di solitudine. Tutti in tuta da operaio, e così via, e così sia.
A Capri Lapo Elkann non guardava la tv: era intento a spingere taxi spenti insieme ai suoi amici. “In vacanza a Capri”, a scaricare le fatiche della vita. MDMA al posto della povere d’ordinanza: perdio, siamo in vacanza! Lapo Elkann spingeva taxi spenti e sosteneva che fossero suoi, in quanto marchiati Fiat. Sillogismi portati dalla Marea.
Può venire a prendersi anche la mia auto, dunque. Lo aspetto in garage.
Può portare con sé i miei tredicimila euro, giusto per evitarmi il viaggio a Torino.

Appunti per la settimana a venire: viaggiare in treno; trovare i Van Der Graaf Generator; preparare meticolosamente le regata in avvicinamento; installare dei lampadari/non lampadari; esibire adeguata indignazione. Magari ricucire nani.

venerdì 18 luglio 2008

«Povera patria, schiacciata dagli abusi del potere
di gente infame, che non sa cos'è il pudore,
si credono potenti e gli va bene quello che fanno;
e tutto gli appartiene.
Tra i governanti, quanti perfetti e inutili buffoni.
Questo paese è devastato dal dolore...
ma non vi danno un po' di dispiacere
quei corpi in terra senza più calore?
Non cambierà, non cambierà
no cambierà, forse cambierà.
Ma come scusare le iene negli stadi e quelle dei giornali?
Nel fango affonda lo stivale dei maiali.
Me ne vergogno un poco, e mi fa male
vedere un uomo come un animale.
Non cambierà, non cambierà
si che cambierà, vedrai che cambierà.
Voglio sperare che il mondo torni a quote più normali
che possa contemplare il cielo e i fiori,
che non si parli più di dittature
se avremo ancora un po' da vivere...
La primavera intanto tarda ad arrivare.»

giovedì 10 luglio 2008

Il pomeriggio è troppo, troppo azzurro.

«Scusami... tu sei quello che ha fatto quella presentazione sulla cartilagine..?»
«No.»
«Ouch...» sguardo perplesso «Scusami.»
«Di niente» alzando il pollice destro. (Il pollice verso. Verso cosa?)
Eppure giurerei di aver riconosciuto, tra la folla di scienziati, un mio sosia.
Aveva la giacca, e pure la cravatta marrone, ma strisciava per terra come se fosse stato in un fosso. E la gamba sinistra — ma era poi veramente una gamba, quella specie di tentacolo che trascinava? — era avvolta dai brandelli di quello che era stato un pantalone.
Cartilagine: tutt’al più, ossa conficcate una nell’altra. Incastrate alla bell’e meglio.
Non succhiava pietre lisce, e neppure le sottane delle signorine dalle gambe lunghe, eppure era lucido come una lumaca. Come se il vento gli avesse soffiato addosso una frana oleosa di albume d’uovo.
«Sei pronto per essere infornato?»
«Non voglio diventare giallo.»
«Il fegato sta bene, non ti preoccupare.»
«Mi fa male la testa.»
Mi fa male la schiena. Non riesco più a capire dove parta e dove finisca, questa scintilla che mi attraversa. Si sta come d’estate su una sedia — arrugginita.
Grat grat grat non si ferma. Pensavo: non si ferma, questa ruggine che ho nella schiena? Da dove viene e dove va? Parte? Finisce?
Grat grat grat. Mille punte nella schiena, tutte in fila per grattare la scabbia della ruggine.
«Hai provato l’agopuntura?»
«No.»
«Fa bene, sai? Senti un calore entrare...»
«Quella è l’eroina, C.»
C. è già pronta per andare i vacanza. Cotta a puntino. È già gialla.
Eppure giurerei di aver riconosciuto, tra la folla in vacanza, un mio sosia.
In mezzo alle pance abbrustolite e ai palloni/arancia colorati a spicchi, se la cavava piuttosto bene nell’esercizio della lettura di romanzi tedeschi. Nel frattempo, stanno innaffiando le mie rose, ma io non mi annoio, perché lavoro. Nel solleone.
(Rose cresciute nella sabbia; che barbarie.)
Dunque: un mio sosia sdraiato all’ombra, di un albero di un sasso o di un ombrellone — all’ombra cioè di ombre diverse ma pur sempre spalmate, leggeva romanzi (per lo più tedeschi) nel cicaleccio di troppe persone in troppo poco spazio, in violazione di troppo silenzio. In vacanza. Senza baristi grassi, però.
Io, nel frattempo, scrivevo d'ingegneria.

giovedì 3 luglio 2008

e non per falsa ingenuità

Le scarpe da tennis bianche e blu
seni pesanti e labbra rosse
e la giacca a vento

Oh, Marta io ti ricordo così
il tuo sorriso e i tuoi capelli
fermi come il lago

"Lugano addio" cantavi
mentre la mano mi tenevi
"Canta con me"
Tu mi dicevi ed io cantavo
di un posto che
non avevo visto mai

Tu, tu mi parlavi di frontiere
di finanzieri e contrabbando
mi scaldavo ai tuoi racconti

"Eh, mio padre sì," Tu mi dicevi,
"Quassù in montagna ha combattuto..."
Poi del mio mi domandavi

Ed io pensavo a casa
mio padre fermo sulla spiaggia
le reti al sole, i pescherecci in alto mare,
conchiglie e stelle,
le bestemmie, il suo dolore

Oh, Marta io ti ricordo così
il tuo sorriso e i tuoi capelli
fermi come il lago

Lugano addio cantavi
mentre la mano mi tenevi
addio cantavi
e non per falsa ingenuità
tu ci credevi
e adesso anch'io che sono qua

Oh, Marta mia addio ti ricordo così
il tuo sorriso e i tuoi capelli
fermi come il lago ...

mercoledì 2 luglio 2008

Nella polvere: Mr. Neil Young


«Hello cowgirl in the sand
Is this place
at your command?
Can I stay here
for a while?
Can I see your
sweet sweet smile?
Old enough now
to change your name
When so many love you
is it the same?
It's the woman in you
that makes you want
to play this game.

Hello ruby in the dust
Has your band
begun to rust?
After all
the sin we've had
I was hopin' that
we'd turn back
Old enough now
to change your name
When so many love you
is it the same?
It's the woman in you
that makes you want
to play this game.

Hello woman of my dreams
This is not
the way it seems
Purple words
on a grey background
To be a woman
and to be turned down
Old enough now
to change your name
When so many love you
is it the same?
It's the woman in you
that makes you want
to play this game.»