venerdì 23 maggio 2008

Ho visto torri alte un paradiso crescere sopra isole deserte

Emma Marcegaglia. Ovvero: il potere con il potere. Legge il suo discorso dall’ultimo piano del palco, guardando avanti di un paio di metri, per fingere di non leggere. Legge il suo discorso, Emma Marcegaglia, ma fa finta di parlare “a braccio”. Vizio di forma.
Dice che c’è “uno scenario nuovo e irripetibile”, Emma Marcegaglia. Glielo vedo dire, osservo le sue labbra muoversi. Il labbiale non mente. Il labbiale ha ragione. Emma Marcegaglia ha ragione: lo scenario è nuovo e irripetibile. Non c’è mai stato nulla del genere, nulla di così triste — e per quanto riguarda l’irripetibilità, posso solo augurarmela.
“In Italia si è creata una situazione favorevole al cambiamento”. Come se il cambiamento dovesse essere sempre in meglio.
In platea, tutto il governo se ne sta in fila. Qualcuno prende appunti (o forse è solo sudoku), qualcuno sorride, un altro dormicchia; tutti applaudono, con aria compunta ed espressione rigorosa. Su quel palco a più piani di fa sul serio.
E poi oggi ci sono “un nuovo governo sostenuto da una forte maggioranza parlamentare” e “un clima di minore contrapposizione e di rispetto reciproco tra maggioranza e opposizione”. Infatti, tutti quelli che col governo non dovrebbero stare, in linea di principio, programmaticamente, esprimono soddisfazione. Hanno commenti positivi. Veltroni, Angeletti, Bonanni. Sorridono felici. Solo Epifani critica l’assenza del tema “salari” nel discorso della Emma. Chiti applaude in platea; è seduto di fianco a Tremonti. La Finocchiaro forse si masturba in ultima fila, domandandosi anziché no perché non ha fatto l’imprenditrice, da giovane.
Poi arriva il capo vero. Fa il consueto cabaret: ha apprezzato a tal punto ciò che ha detto la Emma, che ha deciso che “potrebbe essere, anzi sarà” il programma di governo. Rincuora, parzialmente, sapere che prima non ne aveva uno; abbiamo avuto qualche giorno di vantaggio. In fondo, lui è uno di loro. Strano che in questa occasione non si sia spacciato per operaio. Avrà paura del cottimo.
Ma c’è spazio anche per la fanteria leggera. Scajola, quello di Imperia, ma anche di Genova — quello che diede a Marco Biagi del “rompicoglioni”, per intenderci. Forse perché non si intendeva troppo di concussioni. Scajola: si occupa di sviluppo economico, ora. Forse per l’esperienza pregressa con i casinò. Dall’ultimo piano del palco di Confindustria, Scajola ci parla di nucleare. "Solo gli impianti nucleari consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell'ambiente". Non vera la prima, per ovvie ragioni; oltretutto, il Trentino è la dimostrazione che non per forza serve “la larga scala”. Non vera la seconda: a livello impiantistico, cosa non è sicuro?). Non vera la terza: l’allestimento di nuove centrali e lo smantellamento di impianti produttivi alternativi sono gratuiti? Forse contribuirà il Vaticano, in virtù dei trascorsi democristiani del ministro. Non vera la quarta: dove mettiamo le scorie? Nelle strade di Napoli? Quelle del centro, ora, sono libere: le hanno ripulite per bene, in vista del Consiglio dei ministri di ieri. Hanno spazzato sotto il tappeto: occhio non vede, cuore non duole. Mettiamo tutto lì, e inventiamo uno slogan convincente, positivo, di crescita, come “metti un plutonio nella tua camorra”.
Scajola: sembra stupito persino lui di quello che dice. Almeno un paio di volte avrà pensato “questa me la devo segnare”. E nessuno — dico, nessuno: un industriale del settore energetico, uno qualunque, si è alzato. Nessuno ha detto: “Scajola, lei sta dicendo una marea di cazzate”. Sorrisi e cappelli levati.
Nel finale, ci gettano in pasto a vecchie facce con vecchi temi. Gentiloni, con la sua espressione monocorde, non nasconde lo sdegno per il “caso Retequattro”: “Queste frequenze non s’hanno da usare”, sembra dire quella sua faccia molle, da uno che vorrebbe solo bere un buon caffè, senza porsi tanti problemi. Sette anni fa, gli stessi attori recitavano lo stesso copione. Scadente il testo, scadenti loro. Ma evidentemente non sono ancora scaduti.
L’importante è scegliere con cura l’argomento.
E ora, come diceva Gian Maria Volontè in quel bellissimo film di Petri, “chi non sciopera è un crumiro, e anche un facia de merda”.

L'eolico ha sorpassato il nucleare, ovvero: "Scajola, lei sta dicendo una marea di cazzate!"

ROMA - Il 2007 è stato l'anno del sorpasso: a livello globale, dal punto di vista dei nuovi impianti, l'eolico ha battuto il nucleare. L'anno scorso sono stati installati 20 mila megawatt di eolico contro 1,9 megawatt di energia prodotta dall'atomo. E' un trend consolidato da anni e destinato, secondo le previsioni, a diventare ancora più netto nei prossimo quinquennio. Ma non basta. Per la prima volta l'eolico ha vinto la gara anche dal punto di vista dell'energia effettivamente prodotta. I due dati non coincidono perché le pale eoliche funzionano durante l'anno per un numero di ore inferiore a quello di impianto nucleare e dunque, a parità di potenza, producono meno elettricità.

"La novità è che, anche tenendo conto di questo differenziale di uso, nel 2007 l'eolico ha prodotto più elettricità del nucleare", spiega Gianni Silvestrini, direttore del Kyoto Club. "E gli impianti eolici che verranno costruiti nel periodo 2008 - 2012, quello che chiude la prima fase degli accordi del protocollo di Kyoto, produrranno una quantità di elettricità pari a due volte e mezza quella del nuovo nucleare. Se poi nel conto mettiamo anche il solare fotovoltaico e termico possiamo dire che, tra il 2008 e il 2012, il contributo di queste fonti rinnovabili alla diminuzione delle emissioni serra sarà almeno 4 volte superiore al contributo netto prodotto dalle centrali nucleari costruite nello stesso periodo".

La tendenza è consolidata anche dal risveglio del gigante americano. Il 30 per cento di tutta la potenza elettrica installata durante il 2007 negli Usa viene dal vento e il dipartimento federale dell'energia prevede che entro il 2030 l'eolico raggiunga negli States una quota pari al 20 per cento dell'elettricità creando un'industria che, con l'indotto, darà lavoro a mezzo milione di persone. E' un dato in linea con l'andamento di paesi europei come la Danimarca (21 per cento di elettricità dall'eolico), la Spagna (12 per cento), il Portogallo (9 per cento), la Germania (7 per cento).

Nonostante le scelte dell'amministrazione Bush, che ha incentivato con fondi pubblici la costruzione di impianti nucleari, negli Stati Uniti l'energia dall'atomo resta invece ferma, sia pure a un considerevole livello, da trent'anni: l'ultimo ordine per una nuova centrale risale al 1978. Nell'aprile scorso sono stati annunciati impegni per 38 nuovi reattori nucleari, ma è molto probabile che il numero scenda drasticamente, come già è avvenuto in passato, nel momento in cui si passa alla fase dei conti operativi: le incertezze legate ai costi dello smaltimento delle scorie, ai tempi di realizzazione e allo smantellamento delle centrali a fine vita hanno rallentato la corsa dell'atomo.

In attesa della quarta generazione di reattori nucleari, che però deve ancora superare scogli teorici non trascurabili e non sarà pronta prima del 2030, le stime ufficiali prevedono una diminuzione del peso del nucleare nel mondo. La Iea (International Energy Agency) calcola che nel 2030 la quota di elettricità proveniente dall'atomo si ridurrà dall'attuale 16 per cento (è il 6 per cento dal punto di vista dell'energia totale) al 9-12 per cento.

(Antonio Cianciullo per "la Repubblica" on-line, 23 maggio 2008)

mercoledì 21 maggio 2008

...e non ti convince per niente il programma che stanno dando, ma — che strano — nessuno lo può più cambiare col telecomando.

«Alla TV ci sono napoletani che buttano immondizia sull'immondizia, come benzina; la incendiano, la fanno scoppiare — anzi, la scoppiano; e poi si lamentano, infine si lamentano: perché non si può camminare per la strada, perché c'è puzza, perché lo Stato non c'è (sebbene possa puzzare; non c'è, si è nascosto troppo bene, non vuole più uscire, non gioca più).
Lo Stato. Lo stato dell'arte. Da una parte la libertà, dall'altra la tutela. Tutto, e subito.
La libertà: quella piena — fare il cazzo che si vuole. Giù il cappello, lorsignori.
Aleggia l'insostenibile odore della vita; è il prezzo d'annusarla, quella vita.
Pulcinella vive in un cassonetto. Pulcinella non fa la raccolta differenziata. Pulcinella è morto; e l'hanno buttato in un cassonetto.
Qualcuno lo prende come un gioco. Una recita.
Non è decadenza: è tramonto. I valori? Già, i valori. Quelli bollati.»

sabato 17 maggio 2008

Ho preso gli schiaffi (le gocce) e le botte del freddo (dell'acqua) e del vino. Non ho premuto sull'acceleratore, poiché ero senza luci blu. Non ho fatto il pieno, e forse non lo farò mai più. Forse tra pochi giorni. Forse mai. Più. Ignazio. Più. Pià. Boh.
Dunque:
«Flying so high, trying to remember
how many cigarettes did I bring along?
When I get down I'll jump in a taxi cab
driving through London town
to cry you a song.

It's been a long time
still shaking my wings.
Well, I'm a glad bird
I got changes to ring.

Closing my dream inside its paper-bag.
Thought I saw angels
but I could have been wrong.
Search in my case,
can't find what they're looking for.
Waving me through
to cry you a song.

It's been a long time
still shaking my wings.
Well I'm a glad bird
I got changes to ring.

Lights in the street,
peeping through curtains drawn.
Rattling of safety chain taking too long.
The smile in your eyes was never so sweet before
Came down from the skies
to cry you a song.»
Buonanotte a Rimini ed ai prati in fiore.

giovedì 15 maggio 2008


BRESCIA - Sono stati tutti rinviati a giudizio i sei imputati accusati di concorso nella strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974. Si tratta di: Delfo Zorzi, Maurizio Tramonte, Carlo Maria Maggi, Pino Rauti, Francesco Delfino, Giovanni Maifredi. Il processo inizierà il 25 novembre.

La strage avvenne mentre nella piazza era in corso una manifestazione contro il terrorismo indetta dai sindacati. L'ordigno venne nascosto dentro un cestino dei rifiuti e provocò la morte di otto persone e il ferimento di altre novantaquattro.

La prima fase del processo ebbe come conseguenza la condanna di alcuni esponenti dell'estrema destra bresciana. Nel 1982, però, la Corte di Cassazione assolse gli imputati. Un nuovo processo chiamò in causa altri rappresentanti della destra, anche questi assolti nel 1989 per insufficienza di prove.

Ma i giudici non si arresero e i rinvii a giudizio di oggi sono la conseguenza del loro lavoro. Noti i nomi dei rinviati a giudizio: a partire da Delfo Zorzi (latitante da tempo in Giappone con il nome di Hagen Roy), proseguendo con Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, militanti di spicco di Ordine Nuovo e finendo con il fondatore del gruppo estremista Pino Rauti (suocero dell'attuale sindaco di Roma).

("la Repubblica" on-line, 15 maggio 2008)

Souvenir

«Niente luna questa sera,
niente gatti sopra il tetto,
i miei sogni sono tutti rotolati sotto al letto
e nel buio con la lingua
conto i denti che mi restano.
Domani che farò ragazza mia,
dei tuoi pensieri magri?
Sul campanile nevica, d'accordo,
ma purtroppo ho solo una camicia
e francamente non mi basta
e faccio di mestiere il venditore di risate
al circo che si tiene al lunedì,
ragazza mia, ci andresti mai?
E intanto conto i denti
però il conto non mi torna,
ce ne è uno che mi manca
e forse tu mi puoi aiutare.
Per caso, non l'hai mica ritrovato a casa tua?
Ero così distratto, amore mio,
quando ti ho morso il cuore.»

sabato 10 maggio 2008

venerdì 9 maggio 2008

Ridin' with the wind

In macchina, stamattina, ho ascoltato per due volte di fila, a volume molto alto, "Little wing".
Cazzo, uno dei migliori a-solo di chitarra della storia del rock.
Cazzo.

«Well she's walking through the clouds
with a circus mind that's running round.
Butterflies and zebras
and moonbeams and fairy tales...
That,s all she ever thinks about
riding with the wind.
When I'm sad, she comes to me
with a thousand smiles, she gives to me free
It's alright she says it's alright
take anything you want from me, anything
Anything.
Fly on little wing,
Yeah yeah, yeah, little wing.»

E che encomiabile psichedelia grafica.

giovedì 8 maggio 2008

Promesse di marinaio


Avrei voluto che qualcuno mi avesse visto mentre ballavo i Led Zeppelin in garage.
«I should have quit you long time ago
Yeah long time ago.
Oh yeah long time ago.
I wouldn't be here my children
down on this killin' floor.
I should have listened baby to my second mind
my second mind.
Everytime I go away and leave you darling
You send me the blues way down the line.
Babe treat me right baby oh my my my
People tellin' me baby can't be satisfied;
They try to worry me baby
But they never hurt you in my eyes.
Said, people worry I can't keep you satisfied.
Let me tell you baby,
You ain't nothin but a two-bit, no-good jive.
Went to sleep last night, worked as hard as I can,
Bring home my money, you take my money, give it to another man;
I should have quit you, baby, such a long time ago,
I wouldn't be here with all my troubles
Down on this killing floor.
Squeeze me baby, 'till the juice runs down my leg,
down my leg.
The way you squeeze my lemon,
I... I'm gonna fall right out of bed, Yeah.
Hey!
Baby baby baby...
I'm gonna leave my children down on this killin' floor»

Alla faccia dei pochi ministri


alla faccia.
Datemi un boccaglio per non soffocare tra le baggianate. Baggiani.

mercoledì 7 maggio 2008

Tutto fa brodo

«In futuro, tutti saranno famosi per quindici minuti.»

martedì 6 maggio 2008

Perché...

...nessuno dice a Fini "Ma che cazzo dici, faccia da culo? Sei un pazzo stronzo. E fascista."?
Perché?

«Gli scontri e le contestazioni della sinistra radicale contro la Fiera del Libro di Torino "sono molto più gravi" di quanto accaduto a Verona, dice il presidente della Camera a Porta a porta. L'aggressione dei naziskin veronesi e la violenza dei centri sociali torinesi - afferma il Presidente della Camera- "sono due fenomeni che non possono essere paragonati". A giudizio di Fini, in sostanza, se dietro l'aggressione di Verona non c'è alcun "riferimento ideologico", a Torino le frange della sinistra radicale "cercano in qualche modo di giustificare con la politica antisionista", un autentico antisemitismo, veri e propri "pregiudizi di tipo politico-religioso".»
(la Repubblica, 6 maggio 2008)

Ma che razza di paragone meschino si può creare tra un morto e una bandiera? Non è vero che non c'è una scala di valori, non c'è una priorità di gravità: c'è una differenza di violenza, e non è poco.
Altrimenti, possiamo mettere sullo stesso piano il pisciare su un muro e il gettarci benzina e fiammiferi accesi.

lunedì 5 maggio 2008

Figli di buona famiglia?

Io li definirei, più propriamente, "figli di puttana".
No, no, meglio: "fascisti di merda".
E ricordo a tutti che io non fumo.

«"Giovani di buona famiglia". Così vengono definiti i cinque teppisti che hanno massacrato e ridotto in fin di vita Nicola Tommasoli. Colpevole di non aver voluto "consegnare" loro una sigaretta, dopo regolare intimazione. Giovani ultrà. Ultrà-giovani.
Occasionalmente di estrema destra. Neonazi oppure neofasci. Teste rasate. Un simbolo inquietante, ormai. Al punto da indurmi in tentazione. Io, skin per colpa del tempo che passa; e per eredità genetica. Oggi mi viene voglia di ricorrere alle tecniche tricologiche: un trapianto, una parrucca...
Giovani ultrà di estrema destra. Abituati ad avere uno stadio a disposizione per esibire i loro muscoli, i loro slogan, i loro simboli contro gli altri. I nemici. Gli "altri". Non solo quelli dell'altra parte politica.
Dell'altra parte. Ma "gli altri", in generale. Gli stranieri, i nomadi. Gli ebrei. I deboli. Hanno in spregio le persone "comuni". A cui la violenza non piace. Quelli che la sera, in città, tirano tardi con gli amici. E passeggiano in centro città. Immaginando che possa ancora essere una città. Luogo dove, appunto, passeggi con gli amici. Fumi la sigaretta. Chiacchieri. Luogo di relazioni, insomma. Rete di comunità. Non un agguato politico. Ma un'aggressione "per caso". Chissà: gli aggrediti potevano essere leghisti, magari perfino fascisti. In quel momento erano solo persone comuni. Finite sulla strada di persone extra-ordinarie. Super-uomini in libera uscita.
Giovani di buona famiglia anche quelli che, a Torino, hanno costretto i vigili ripiegare. Dopo averli circondati e aggrediti, qualche sera fa. La notte prima della festa. I vigili impudenti e imprudenti. Pretendevano di multare le auto in sosta dovunque, in Piazza Vittorio Veneto. In pieno centro. Perfino lungo le rotaie del tram. Tanto la notte non circola. Pretendevano, i vigili. Di interrompere la festa infinita. La "movida", come la chiamano adesso. La notte bianca che si celebra ogni fine settimana.
Pretendevano di ostacolare il libero accesso alle auto e ai suv che, ovviamente, sono padroni della notte. (In realtà, anche del giorno). Ovvia la rivolta di questi giovani di buona famiglia contro tanta sfacciata arroganza. Così, a centinaia, hanno costretto i vigili a fuggire. Non senza aver inferto loro qualche colpo, qualche botta. Così, a futura memoria. Certo, in questo caso non li hanno massacrati. Non erano neonazi e neofasci. (Magari, avessero incontrato un nazi che chiedeva loro una sigaretta, sarebbe finita male anche per loro...). Solo ragazzi normali, di "buona famiglia". Si sono limitati ad affermare la legge del controllo sul territorio. Filmando la scena, regolarmente diffusa su "You tube". A scopo esemplare.
Questi "figli di" buona famiglia, tecnologicamente attrezzati ed esperti. Per fortuna: sono nati in tempi molto diversi e lontani da quel maledetto 1968, di cui si celebrano i nefasti, a quarant'anni di distanza. L'eredità di illusioni mancate e di violenze mantenute.
Questi giovani di buona famiglia, invece, non guardano lontano. Non cercano figure e utopie di altri mondi lontani. Il comunismo, Mao, Che Guevara... Semmai - alcuni di essi - guardano più indietro. Riscrivono storie da cui isolano ciò che interessa loro. Il mito della forza. Il seme della violenza. Che coltivano, quotidianamente, esercitando l'odio contro gli altri. Poveracci, accattoni, zingari e stranieri. Clandestini e non.
Perché non conta distinguere, ma categorizzare e colpire "l'altro". Lo stesso che fa paura alla gente comune. Quella che mai si sognerebbe di bruciare un campo nomadi, tantomeno di ammazzare di botte un ragazzo perché non ti dà una sigaretta. Potrebbe essere loro figlio, l'aggredito. E gli aggressori potrebbero essere loro figli.
Giovani di buona famiglia. Quelli abituati a sfogarsi il sabato sera, in discoteca, o nei bar del centro. Nelle piazze e nelle strade. Molti bicchieri e qualche pasticca per tenersi su di giri. Per ammazzare il tempo insieme alla noia. E l'angoscia che ti prende, in questa vita normale, in questa società normale, in questa città normale. Dove i divieti sono comunisti e le regole imposizioni inaccettabili. Dove dirsi "buoni" è un'ammissione di colpa. E la debolezza un vizio da punire.
Giovani di buona famiglia. Genitori che non deprecano questa società senza autorità, senza divieti e senza punizioni. E poi si indignano: di fronte ai divieti e alle punizioni. Alle autorità autoritarie. Quando colpiscono loro e i loro figli. Sempre gli ultimi a sapere. Cadono dalle nuvole, se scoprono cosa combinano, quei loro figli, a cui hanno dato tutto. Senza chiedere nulla. Senza sapere nulla di loro.
Questi genitori di buona famiglia. Ce l'hanno contro questa scuola senza voti. Contro i professori che non si fanno rispettare. Contro i maestri che non sanno comandare. Non sanno punire. Questi genitori. Non capiscono e non accettano: i professori che impongono rispetto, comandano e puniscono. E magari bocciano. I loro figli.»
(I. Diamanti, "la Repubblica", 5 maggio 2008)