giovedì 31 gennaio 2008

Dopo Rossini: A rum tale

Parte prima: fottiti, grassona palindroma e frustrata. La tua vacua superficialità è la tua colpa e, al tempo stesso, la tua punizione. Non troverai mai sfogo, non conoscerai pace. Non scoppierai mai, pallone gonfiato; non avrai la soddisfazione di scoppiare e volare in mille pezzi in mille cieli. La pena del tuo vuoto pesante, il peso ingeneroso del tuo grossolano sentire finiranno per schiacciarti. Grassona.


Parte seconda: un pensiero fugace, ma non per questo meno vivo, a chi oggi ha fatto degli esami, a chi domani ne farà.

Parte terza: stringi la mia mano, sono qui con te, stringi la mia mano, ci solleveremo.

«She's fuddled my fancy.
She's muddled me good.
I've taken to drinking,
and given up food.
I'm buying an island
somewhere in the sun.
I'll hide from the natives
live only on rum.
I'm selling my memoirs.
I'm writing it down.
If no one will pay me
I'll burn down the town.
I'll rent out an aircraft
and print on the sky.
If God likes my story
then maybe he'll buy.
I'm buying a ticket
for places unknown.
It's only a one-way
I'm not coming home.
She's swallowed my secret,
and taken my name.
To follow my footsteps
and knobble me lame.»

(K. Reid, 1972)

mercoledì 30 gennaio 2008

The meaning

«Why are we here?

Just look at the comfort that you call your home
Just kidding yourself that you're never alone
Well, maybe there's something
There's one thing you shouldn't have said
So, you better beware

And you better get
And you better get light in your head
And you better get
And you better get peace in your bed
If you wanna get
If you wanna get high

You're watching the movie go blistering by
Just look at the sadness, I wish I could die
Well, maybe there's something
There's one thing that I should have said
Well, it better be said

Is the reckoning
Is the reckoning holding your heart?
It's beginning to
It's beginning to squeeze you apart
Don't you wanna get
Don't you wanna get high

You're holding the world in the palm of your hand
What you're tellin' your children you don't understand
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
Meaning is
Meaning is
Meaning is

Oh, you better beware

And you better get
And you better get light in your head
And you better get
So you better get peace in your bed
If you wanna get
If you wanna get high

Just look at the madness that glows in your eyes
Frightened the children will steal your disguise
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the answer is
If you know what the answer is
If you know what the answer is
If you know what the answer is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is
If you know what the meaning is»

("Crisis? What crisis?", 1975)

martedì 29 gennaio 2008

Niente da capire

Le stelle sono tante
milioni di milioni
la luce dei lampioni
si riflette sulla strada lucida
seduto o non seduto
faccio sempre la mia parte
con l'anima in riserva
e il cuore che non parte
però Giovanna
io me la ricordo
ma è un ricordo che vale dieci lire
e non c'è niente da capire.
Mia moglie ha molti uomini
ognuno è una scommessa
perduta ogni mattina nello specchio del caffè
io amo le sue rughe
ma lei non lo capisce
ha un cuore da fornaio e forse mi tradisce
però Giovanna è stata la migliore
faceva dei giochetti da impazzire
e non c'è niente da capire.
Se tu fossi di ghiaccio
ed io fossi di neve
che freddo amore mio
pensaci bene a far l'amore
è giusto quel che dici
ma i tuoi calci fanno male
io non ti invidio niente
non ho niente di speciale
ma se i tuoi occhi fossero ciliegie
io non ci troverei niente da dire
e non c'è niente da capire.
E' troppo tempo amore
che noi giochiamo a scacchi
mi dicono che stai vincendo
e ridono da matti
ma io non lo sapevo
che era una partita
posso dartela vinta e tenermi la mia vita
però se un giorno tornerai da queste parti
riportami i miei occhi e il tuo fucile
e non c'è niente da capire.

lunedì 28 gennaio 2008

Lille - storie di anticipi e ritardi

21 gennaio, 16:45
Birra Maes. Molto, molto meglio la Karmeliet. Sono seduto al bar dell’aeroporto di Charleroi, in attesa di un check-in probabilmente ancora lontano. Troppo, troppo anticipo...
Così ascolto qualche disco, o più precisamente vengo annichilito da un amico fragile e dalle sue parole amare, per poi risvegliarmi tra peperoncini rossi nel sole cocente, polvere e cappelli. Sotto le stelle del Rio Grande mi figuro, complice questa comune Maes, un’avventura di quelle di Brautigan, che mai avrei pensato anni fa. Un’avventura con una ragazza castana, dai lunghi capelli castani tenuti indietro da una fascia. Una ragazza non molto alta e non troppo magra (m’è sempre piaciuto sentire un po’ di carne, un velo tenero tra le dite, le mie tozze dita da pianista).
Accidenti, violino e mandoloncello, mi sembra di essere ad una festa campestre messicana. Mi sembra di essere una festa campestre messicana.
La ragazza, dicevo. Molto ironica, al punto da farmi ridere di gusto e ammirazione. Potrebbe chiamarsi Maes, anche lei; o piuttosto avere un nome italiano. Ha capelli lunghi, castani, e una sciarpa nera, ed ha scelto la semplicità, e suona un tamburello (con gli zingari e gli svizzeri, come Sally) e mi sorride.
Un’avventura in aeroporto; e la mia immaginazione va già oltre, molto oltre.
Mi interrompono venendo a chiederti del nostro amore. “E dietro ai microfoni porteranno uno specchio... per farti più bella e pensarmi già vecchio... tu regalagli un trucco che con me non portavi e loro si stupiranno che tu non mi bastavi”... Ma io sono riuscito a cambiarti? Tu mi hai cambiato, mi hai cambiato... oddio, ora piango.
Darò la colpa alla birra, o ai controllori verdi fritti della metro di Lille.
Il cielo era già cupo, come sempre, in questa città di carbone; ma ora comincia a farsi scuro, perché il sole, dietro la tenda delle nubi, sta smettendo di illuminare le ombre cinesi della pioggia.
La sola pioggia, in effetti, è incrostata sul vetro della cafétéria.
La ragazza castana si avvicina. Finisco in fretta la birra e voliamo via.

Io?

Traffico di bidoni

Qualità

Taxi drivers

Elisa-E-Lisa

Spettacolo di arte varia

Stregati dal computer

Alberi arti

On the road (again)

17 gennaio, 6:38
Per il buio che c’è, sembra notte, non mattina. Ma non piove.
La televisione parla del Papa e della Sapienza, del Capello e di evasioni.
La mia valigia è già sui rulli, a farsi maltrattare; sono arrivato così in anticipo... Del resto, avrei potuto avere un appuntamento con la nebbia o con qualche luce abbagliante. Appuntamenti, questi, che però ho mancato, come un amante capriccioso.
La fauna dell’aeroporto è variegata. Ci sono rinoceronti che sonnecchiano senza corno: deve averlo rubato il canarino arancione. Strano, perché la presenza delle divise accigliate è massiccia e imponente.
Forse dovrebbe essere anche rassicurante.
Certamente pittoresca, come in certe assurde “repubbliche” del Sudamerica.
Ora un opossum vestito di blu è venuto ad offrire la spalla al pappagallo dai capelli viola; il rinoceronte cerca di aprire gli occhi vitrei, che però si richiudono come azionati da un grosso peso.
Orio al Serio. Si potrebbe capire anche solo dall’accento. Questi poliziotti potrebbero conoscere la terra - intendo, il suo odore.
Aspetto che arrivi un po’ di fame, magari portata in groppa dagli insetti e dalle scimmie che rotolano e strisciano per terra.
Ho ancora la febbre, probabilmente.
Torna il mal di testa, surfando l’onda di questa tosse.
Nemmeno ho voglia di ascoltare musica.
Il viaggio è breve, ma l’attesa, ora, lunga.

martedì 22 gennaio 2008

No.

No.
No.
No.

Comunicazione dis-servizio

Pensavo di tornare da Lille e (tra)scrivere un sacco di cose.
Invece ho avuto brutte notizie, sono molto agitato e proprio non me la sento.
Scriverò tra qualche giorno, o qualche ora.

domenica 20 gennaio 2008

Immagine a reti unificate


Foto di famiglia in un interno.
Da sinistra a destra: Luca, Janeca, Matia, Daniele. Matia saluta con la mano. Janeca ha il suo astuccio, finalmente.

La compagnia delle arti mirabolanti di Lille, France

Siamo tornati a casa alle 7, come in una canzone degli 883. Nessuno si è incazzato, però; non ci sono ninja.
Dani mi ha detto: "Vedo che hai gradito la compagnia".
Ah ah ah. Direi proprio di sì...

sabato 19 gennaio 2008

Lille e i vagabondi

Torniamo da un pranzo di compleanno massacrante. Il compleanno, per la cronaca, è di Miro, studente di ingegneria meccanica marchigiano appassionato conoscitore, e (credo) bevitore, di champagne.
Il Bologna, per ora,pareggia a Pisa.
Miro e Paolo, il suo grande amico, periti nell'arte della sciabola e cioè nella decapitazione delle bottiglie, abitano uno in fronte all'altro, qui a Lille (e forse pure a casa, in Italia; chi lo sa). Così, oggi le porte delle loro stanze erano aperte e noi, di fatto, stavamo seduti su letti in un corridoio parallelo a quello ufficiale e canonico dello studentato.
Ora sverniamo in stanza, e ritroveremo tutti alle 22:00, stasera.
Oggi non piove, perché non si può chiamare "pioggia" l'aerosol che a tratti invade l'aria, la faccia ed i vestiti; è piuttosto caldo, ed il termometro si fa un baffo del Continente e del suo clima: sbeffeggia - sbaffeggia.
Sarà la centesima birra a zittirmi; per ora teniamo duro, perché ci crediamo, come ci credevano trenta, quarant'anni fa.

venerdì 18 gennaio 2008

L'abbigliamento di un fuochista - da Lille

Ore 00:41 - La compagnia è davvero ottima. E ci abbiamo dato dentro.

Ore 10:13 - Le parole hanno peso. Relativo, diverso, piuma... sul testo scritto, dal testo scritto, non si torna indietro. Lo sappiamo, lo dicevano già. E ci si può giocare "solo" confidando nell'ignoranza del lettore, nella sua dabbenaggine o nella sua fiducia un po' ottusa.
Talvolta, però, è importante poter dire "Non sono d'accordo". Fa bene al dialogo, alleggerisce la testa e anche le mani.
(Il cielo è grigio, ieri sera pioveva, oggi pioverà.)
Non rimpiangere e non rinnegare sono cose ben diverse. Quando un momento finisce e passa, si può ricordarlo come un'occasione o salutare la sua fine come una benedizione: non è la stessa cosa. E non è la lingua, a fregarci.
Le parole sono importanti. (a questo proposito, http://it.youtube.com/watch?v=qtP3FWRo6Ow)
Eh.
E la tristezza è un tesoro che va cullato; e la possibilità della malinconia è una barca di carta con cui salpare.
Edith Piaf diventa ingenerosa, perciò, quando non rimpiange nulla. Non si chiude un sorriso in una scatola, come un insetto.
Io sorrido perché qui c'è gente simpatica. Il mondo è pieno di gente simpatica.
Oggi pioverà. Ed io me la riderò di gusto.

mercoledì 16 gennaio 2008

Deliri febbrili di un febbricitante

Ho la febbre. Ma si parte. Tra poche ore.

Stamane ho giocato con l'acido nitrico (HNO3) e con l'acido cloridrico (HCl), commercialmente detto muriatico.
Miscelati nella composizione 25% acqua distillata - 50% HCl - 25% HNO3.
Avvertenze per l'uso: non è adatto ad aerosol; non ha azione struccante; non può essere utilizzato come vodka a basso prezzo.
Fumava sulle mie mani!
Non credo, però, che la febbre sia legata alla miscela.

Che mal di testa. Tra qualche ora si parte. Tante telefonate, ieri; una sola, lunga, stasera. Che stranezza, in quella voce. E che stranezza, nella voce di ieri (che era già oggi, ad essere sinceri); che stranezza nelle sue parole (scritte) di oggi, parole come di una persona abbandonata. Ma da chi? Non da me, accidenti.
Boh. Beh. Sono triste, ma come rasserenato. Certe volte prendo le redini di me in mano così saldamente da farmi quasi paura. Certe volte una parola è inderogabile, prima che un sorriso (così bello) scappi. Dammi un sorriso, ti prego, non essere triste...

Stemperiamo. Pensavo, oggi. I cattolici: in questa fase, le possibilità sono due (tanto per abbattere il temuto relativismo). O sono dei grandi ipocriti, oppure credono davvero nella visione della realtà che propongono agli altri, e di conseguenza sono pazzi.

E poi, a proposito di cattolici: solidarietà a Mastella?
Ma fatemi un piacere!
(A meno che non venga dato un senso strettamente fisico, dinamico/meccanico, alla locuzione “essere solidale a”.)

Notizia: finalmente “Across the universe” è arrivato a Trento... quanto lo abbiamo aspettato? Chissà. Nemmeno lo andrò a vedere, probabilmente.

Ma insomma, insomma, alla fin fine: ieri ho ripreso le (se)movenze d'atleta. Forse si ricomincia da qui?

49 bye-byes

"Helplessly hoping
Her harlequin hovers nearby
Awaiting a word
Gasping at glimpses
Of gentle true spirit
He runs, wishing he could fly, high
Only to trip at the sound of good-bye
Wordlessly watching
He waits by the window
And wonders
At the empty place inside
Heartlessly helping himself to her bad dreams
He worries
Did he hear a good-bye? Or even hello?
They are one person
They are two alone
They are three together
They are for each other
Stand by the stairway
You'll see something
Certain to tell you confusion has its cost
Love isn't lying
It's loose in a lady who lingers
Saying she is lost
And choking on hello
They are one person
They are two alone
They are three together
They are for each other"

Incredibile

Stanotte ho fatto un sogno olfattivo in cui c'era puzza di piedi. E mi sono svegliato così:

cazzo, sembro Samuel Beckett!

martedì 15 gennaio 2008

Sapienti distrazioni (e vittimismi)

“Clima inaccettabile”. Questo dice il capo del Governo italiano, parlando di “profondo rammarico” e “clima che non fa onore alle tradizioni di civiltà e di tolleranza dell'Italia”.
Il Presidente del Senato, Marini, esprime “profondo rincrescimento”, mentre quello del ministro Mussi è “rammarico sincero”.
Ah, ah, fermi, dimenticavo: Weltroni, il cavalier Veltroni. La mancata partecipazione del Papa alla cerimonia del 17 gennaio rappresenta "una sconfitta della cultura liberale e di quel principio fondamentale che è il confronto delle idee e il rispetto delle istituzioni".
A questi si accodano più o meno tutti, salvo i socialisti (non capisco bene quali; forse De Michelis stesso) e la Bonino (Pannella sta facendo la pipì).
La Cei, naturalmente, si esprime in termini di "intolleranza antidemocratica e chiusura culturale". Mi pare il commento più sensato, se non altro per la fonte (attendibile quanto insopportabile).
Berlusconi, Fini e Casini cosa ci si aspettava che dicessero? Non sono mica personaggi di “South Park”. “Desolazione dell’Università italiana” dimostrata con “l’intolleranza”, accuse di “fanatismo”, inviti ad “esami di coscienza” e a manifestare in Piazza San Pietro (speriamo che le guardie svizzere non carichino gli eventuali partecipanti).
Così, la presenza (non marginale) del Papa alla inaugurazione dell’anno accademico presso l’Università “La Sapienza” di Roma è stato trattato come un fatto di (mancata) tolleranza.
Il Tg2, l’unico telegiornale serale che (per questioni d’orario) ho potuto vedere, ha assunto toni apocalittici. Scaricando sul telespettatore una gragnuola di recenti lauree honoris causa, definite insistentemente ad honorem (non mi dite che Mike è morto, no, non me lo dite), l’autore del servizio dà fondo al suo sarcasmo ricordando che per José Manuel Barroso, all’epoca Presidente della Commissione europea, non era stato battuto ciglio all’epoca del conferimento della laurea, sebbene lui fosse di destra (e pure cattolico, aggiungerei).
Appunto.
La laurea honoris causa ad un capo di stato, ad una rilevante figura europea (ed europeista), da una parte. Dall’altra, l’affidamento di un ruolo di preminenza, durante una cerimonia universitaria, ad una carica politica e religiosa.
Mi sembrano cose molto differenti. A parte il tentativo (sicuramente tollerante) di zittire i “ribelli” della Sapienza, che mi pare quantomeno di cattivo gusto (viste le “bandiere” sventolate), trovo che un certo tipo di partecipazione papale alla nostra vita universitaria non possa essere derubricata come “parlare in libertà”. Non è una laurea honoris causa, insomma, non è una lectio magistralis: è il conferimento di una autorità non lecita.
A me sembra, in sostanza, che, come spesso accade, l'attenzione venga sapientemente (che termine ironico) spostata dal centro della questione a qualcosa di più facile digestione per il grande pubblico.
La mia visione è certamente, però, partigiana. Ed anche per questo non voglio abbracciare le ironiche parole della senatrice Menapace, che si dice fiduciosa riguardo all’invito, nella prossima inaugurazione dell’anno accademico alla Pontificia Università Gregoriana, del Presidente della Repubblica italiana Napolitano. Propongo, piuttosto, di invitare un leader Schützen alla prossima apertura dell’anno accademico a Trento e Bolzano, o Alberto di Monaco a Parigi. Io farò la mia parte nel (complesso) universo del mio acquario, che ospita la mia spiritualità.

Altri tempi (per davvero)

domenica 13 gennaio 2008

Rivedo in televisione, di sfuggita, Audrey Hepburn. Per un istante, passa sullo schermo anche il sorriso meravigliato di George Peppard.

«...Non riuscivo a dormire con quella maledetta luna.»
«Anche a te la luna piena impedisce di dormire?»
«Mi fa soffrire le pene dell’inferno» disse Eddy.
«Eddy, credi davvero che ti faccia male dormire sotto i raggi della luna?»
«Così dicono i vecchi del paese. Io non lo so. Comunque, mi fa sempre sentir male.»

Se fossi un avventuriero avrei un cappello marrone a falda larga, circondato da una treccia di cuoio, ed un vestito cachi (co)stretto dalla grande fibbia di una cintura. O forse avrei un’armatura medievale, con tanto di guanti giganti (somiglianti in tutto e per tutto a sfogliatine alla ricotta), dalla quale spunterebbe solo il mio naso, avvolto da baffi alla Dalì. O magari sarei da testa a piedi quello che si può definire un pirata che si diverte a cercar tesori da godere in piccole baie.
Domerei con lo staffile (o, più verosimilmente, con fiori e caramelle) leoni, giraffe, bambini asiatici (a loro volta ammaestratori di cavallette), marmotte fischianti, api nane, assessori ignoranti, gatti con gli stivali, albe e tramonti.
Ci sono istanti, istanti che possono durare anche ore, durante i quali guidare, da soli, sotto la pioggia, è come incontrare per caso una persona conosciuta (forse altrettanto per caso) in una grande città. In fin dei conti, la Senna, il Tamigi, il Tevere, l’Arno sono tutti lo stesso fiume pachidermico, smorzato dagli scrosci, carico di tronchi e uomini caduti e sogni suicidati e sogni in divenire; come il torrente Fersina, o il rio Salè: solo, secondo altre scale (di misura e di valori). Ancora: come le tre isole di Hemingway — Bimini, Cuba, il mare; ovvero: il mare da giovane, il mare quando assente, il mare in essere. E in mezzo a loro, alle onde e alle baie, alla salsedine nell’aria (penso, ora, ai tuoi capelli lunghi e mossi che si muovono nel vento salmastro, coprendoti un occhio, stirandoti il viso, facendoti apparire bellissima, di una bellezza malinconica), restano dritti figli (che se ne vanno, in auto o in guerra), scrittori, baristi. Del resto, in fin dei conti, anch’io possiedo (con amore) i miei personaggi. Scrive Fernanda Pivano: «Chissà se uno scrittore dovrebbe bruciare tutto prima di suicidarsi. Forse quando lo scritto è molto “buono” (come direbbe Hemingway; noi diremmo “bravo”) può anche rischiare, perché sia pure da pagine non riviste, non definitive, non possono non uscire tracce, come si dice, di unghiate di leone o di carezze di cerbiatto, e a volte è fin troppo facile indovinare i tagli che sarebbero stati fatti da lui se ne avesse avuto il tempo». “Avere il tempo” prima del suicidio: che concetto disarmante; il tempo come protrazione dell’accettazione, dell’accettabilità. L’impossibilità di avere ancora tempo. Ma io non sono Tom Hudson, e nemmeno un Tom Collins.
Eppure, eppure... pescherei volentieri un blu marlin, dopo aver lottato con lui. Guardandolo da uomo a pesce.

venerdì 11 gennaio 2008

Lucciole per lanterne

Il mio eskimo

Quando esco dalla curva, decisa, a sinistra, non sono più illuminato dai fari della macchina che giunge in lontananza. La strada è vuota, anzi, è percorsa da due telai e quattro ruote, quattro mani, due cappotti. L’asfalto è come una voragine pronta ad inghiottire tutto: i cappotti, i telai, i fari dell’auto, ogni rumore.
Sento la frequenza ed il fiato diventare più rapidi, di fianco a me; percepisco persino l’ombra che avanza, anche se è notte.
Nessuno mi parla, ma la sfida è lanciata. Mi inarco sui pedali, lascio che la bicicletta ondeggi a destra e a sinistra, sotto di me, sotto il mio peso. Mi allungo, mi spingo: sono avanti di qualche metro. Resto in apnea, come mi accade spesso — quasi ad evitare che il mio respiro, affannoso, rovini l’istante, soffi via l’eccitazione. I polpacci si induriscono, ad ogni colpo, ed immediatamente si distendono in un flusso caldo, come pistoni pieni d’olio. Ancora un giro, ancora solo uno — un altro giro dei pedali e poi il piede destro dev’essere alzato, per fare spazio alla curva sotto di lui, per non schiacciare la strada. La bicicletta si piega a destra. Poi mi strattona; si piega ancora, e se ne va,di lato, come un cavallo senza fantino. Scivola e ruota, ma non c’è fucile per questo piattello. Più che altro, c’è un corpo che striscia, scivola e ruota.
Ora ho male, ed il mio eskimo si è rotto. Certo, ho vinto la gara.

giovedì 10 gennaio 2008

Accidenti, accidenti!..

...mi sono dimenticato di dirlo:
il Bologna ha preso Cristian Bucchi!!!
EEEeeeeehhheheheHEHEHEHEHHEheehhehh!

Accidenti, accidenti!..

...dimenticavo.

mercoledì 9 gennaio 2008

Stamattina un bluesaccio

«Now, if I was a bricklayer,
I wouldn't build just anything;
And if I was a ball player,
I wouldn't play no second string.
And if I were some jew'lry, baby;
Lord, I'd have to be a diamond ring.
If I were a secret, Lord, I never would be told.
If I were a jug of wine, Lord, my flavor would be old.
I could be most anything,
But it got to be twenty-four karat solid gold, oh.
If I were a gambler, You know I'd never lose,
And if I were a guitar player,
Lord, I'd have to play the blues.
If I was a hacksaw, my blade would be razor sharp.
If I were a politician, I could prove that monkeys talk.
You can find the tallest building,
Lord, I'd have me the house on top.
Oh, let's go!
All right, keep goin'!
I'm the penthouse pauper;
I got nothin' to my name.
I'm the penthouse pauper; baby,
I got nothing to my name.
I can be most anything,
'Cause when you got nothin' it's all the same.
Oh, let's move to this song!
Lord, look at my penthouse.»

("Penthouse pauper", Creedence Clearwater Revival, 1969)

Stamattina sono AMMATTITO tra traffico, biblioteche e poste. Perché gli uffici postali sono così inefficienti, così inefficaci: così irrazionali? Aveva ragione Bukowski, riguardo a posti adeguati e inettitudine.
Intanto, però, nel frattempo, intendo dire, ascoltavo il blues. Ah, se lo ascoltavo!
Una considerazione, dopo il blues di cui sopra: secondo me Radio2 non paga diritti per avere canzoni. Non può essere che questo il motivo per il quale si sentono (obtorto collo) sempre le medesime tre canzoni (brutte, peraltro), mentre la restante parte della programmazione (circa 23 ore giornaliere) è occupata da deficienti che si parlano addosso.

lunedì 7 gennaio 2008

venerdì 4 gennaio 2008

La neve


Avete visto? Avete guardato fuori dalla finestra? C'è una cortina di neve (e non è d'Ampezzo).
Io mi ci rotolo e me la mangio; aspetto che i fiocchi mi si depositino sul naso.
Aaaaaaaahhhhhhhhh!

mercoledì 2 gennaio 2008

Due (tre) novità del 2 gennaio



Ho mal di testa e mal di stomaco; mi viene da vomitare.
Il clima è surreale; piccoli fiocchi di neve, isolati l'uno dall'altro, mi cadono sul parabrezza, sul berretto di lana, sulle scarpe pesanti. Il cielo è grigio; inizia ad aprirsi verso nord. Sono un soldatino di metallo in un paese in guerra.